Consumi: Marsico (Caritas Italiana), “per famiglie povere priorità è la difesa del bene casa”. “Disuguaglianze pervasive nel Paese, rischio tenuta sociale”

“È difficile fornire una stima su quanto una famiglia povera in Italia spenda di meno rispetto ai 2.571 euro mensili stimati dall’Istat”. Così Francesco Marsico, responsabile area nazionale di Caritas italiana, commenta al Sir i dati diffusi oggi dall’Istat relativamente alla spesa media delle famiglie italiane nel 2018. “Si modifica la composizione del paniere e, paradossalmente, vegetali, carne e pesce – spiega – diminuiscono sensibilmente per le persone povere rispetto al paniere di chi ha disponibilità economiche”. “Sul paniere complessivo delle persone povere – aggiunge Marsico – la parte più drammatica che i nostri Centri di ascolto ravvisano è la difesa del bene casa con bollette, affitti. Solo quello che residua va poi a finire sui beni alimentari perché la grande questione per una famiglia povera – a meno che non sia in un piccolo centro e non abbia la casa di proprietà – è evitare di essere sfrattati e perdere la propria abitazione”.
Il responsabile area nazionale di Caritas italiana sottolinea che “i panieri dei beni sono diversi per collocazione regionale, con una famiglia media del Sud che spende di meno e che, se vive in piccoli centri, può contare su un minimo di tenuta della ‘economia informale’, con scambi, autoproduzione”. Invece, “nei centri urbani la spesa per l’abitazione la fa da padrona”.
I dati mettono poi in luce diseguaglianze di spesa tra famiglie abbienti e meno abbienti: “Il rapporto 5 a 1 obiettivamente fa riflettere. In genere si dice che la spesa alimentare è abbastanza standard, non dovrebbe avere grosse differenze. I dati ci dicono che il tema delle diseguaglianze è così pervasivo nel Paese che anche nella spesa per gli alimentari c’è un distacco enorme tra i consumi delle persone più ricche e più povere”. “Una questione seria – commenta – per la tenuta sociale del Paese”.
Rispetto al tema della povertà in Italia, Marsico ricorda che “riguarda anche nelle Regioni del nord i lavoratori poveri stranieri, persone con una collocazione regolare sia per residenza che per mercato del lavoro ma che stanno in posizioni di ‘scala sociale’ molto bassa”. “Queste famiglie – spiega – ce la fanno appena, devono ridurre fortemente la loro spesa sui beni alimentari. E questo rappresenta un problema significativo per chi ha minori relativamente all’adeguatezza dell’alimentazione”. “Come Caritas e Banco Alimentare, anche attraverso i tentativi di pressione verso il ministero dell’Agricoltura, siamo impegnati per cercare di fornire quote di ‘fresco’ (verdura, frutta) per compensare prodotti che nei centri urbani diventano costosi”. “Rispetto a questo – lo dico in maniera non strumentale o polemica – il fatto che il Reddito di cittadinanza escluda le famiglie immigrate con residenza inferiore ai 10 anni incide pesantemente sull’accesso a certe condizioni soprattutto per quanto riguarda minori che vivono in nuclei famigliari con problematiche economico-sociali significative”.

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