Mafia: mons. Russo (Cei), “non si insedino in nessun ambito e nessun ambiente atteggiamenti mafiosi”

“È necessario diventare esperti della malattia grande che è la mafia, che sono la criminalità e l’ingiustizia, che sono in tutto il mondo. È necessario perché siamo annunciatori di pace, annunciatori di Gesù Cristo, ma per annunciare Gesù Cristo dobbiamo anche conoscere quanto nel mondo è di lontano da Lui”. Così mons. Stefano Russo, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, a Palermo, tornando ad un anno di distanza a parlare delle lettera “Convertitevi!” presentata nel 25° dell’appello contro la mafia di Giovanni Paolo II in occasione della giornata di riflessione promossa dalla Facoltà teologica di Sicilia insieme con il Centro studi “A. Cammarata”. L’invito che il segretario della Cei ha rivolto al clero ma anche ai fedeli, “ai cristiani tutti” è stato a “vigilare affinché non si insedino in nessun ambito e nessun ambiente atteggiamenti mafiosi”. Rileggendo e commentando la lettera dell’episcopato siciliano, “prezioso documento che va approfondito” perché “interpella fortemente la Chiesa”, mons. Russo ha esortato: “La Chiesa di Sicilia non si senta sola: la sua presenza e il suo impegno contro la mafia è un dono per l’Italia e per il mondo. Le altre diocesi siano vicine e apprendano come affrontare determinate situazioni”. Per Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, infatti, “la lettera dei vescovi di Sicilia ci spinge ad intervenire senza indugio contro ogni ingiustizia e sopruso: accorcia le distanze con chi vuole convertirsi e le allunga nei confronti di chi non si ravvede. Lo fa il documento della Conferenza episcopale siciliana e lo fa la Chiesa di Sicilia, con “i suoi uomini e le sue donne – ha detto il Sir -, quelli che conosciamo e quelli di cui non sappiamo, ma che operano nella quotidianità con fedeltà evangelica piena”.

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