Repubblica Centrafricana: padre Trinchero (carmelitano), “il 75% del Paese è sotto il controllo dei gruppi armati”

“Da quando è iniziata, sei anni fa, la guerra è cambiata. Non è più uno scontro tra due fronti, la Seleka e gli anti-Balaka. Almeno il 75% del Paese è sotto il controllo di gruppi armati che vanno avanti con rappresaglie e vendette. È uno stillicidio continuo. Gli accordi di pace non sono stati efficaci e lo Stato non è in grado di garantire sicurezza”. A parlare al Sir da Bangui è padre Federico Trinchero, carmelitano scalzo originario di Casale Monferrato, da dieci anni in missione nella Repubblica Centrafricana. Padre Trinchero si occupa della formazione di dodici giovani, è il padre maestro della comunità: diciannove frati con i mantelli bianchi che vivono a Bimbo, periferia della capitale, in uno sconfinato terreno agricolo di 130 ettari. Il monastero del Carmelo a Bangui è diventato famoso nel periodo della visita di Papa Francesco nel 2015, in apertura del Giubileo della Misericordia, per aver accolto, da fine 2013 a marzo 2017, oltre 10.000 profughi. A Bangui “la vita scorre tranquillamente ma è solo una illusione ottica”, confida il missionario.  L’ultimo massacro, con decine di civili brutalmente assassinati, è avvenuto una settimana fa in due villaggi ad una cinquantina di chilometri da Paoua, al confine con il Ciad. I miliziani del gruppo 3R, capeggiato addirittura da uno dei firmatari degli accordi di Khartoum a febbraio 2019, hanno convocato per una riunione gli abitanti dei due villaggi e poi hanno aperto il fuoco indiscriminatamente. “Per noi è difficile capire le ragioni dietro questi attacchi – prosegue padre Trinchero -. Forse vendette, forse la volontà di comandare nelle zone dove sono le miniere. O forse l’obiettivo è la divisione e la destabilizzazione del Paese”. Da tre anni in Centrafrica è infatti tornata la paura: nonostante gli otto accordi di pace continuano i massacri di civili, le rappresaglie, gli assassini di preti e suore. Due preti, insieme ad una ottantina di civili, sono stati uccisi durante il massacro del 15 novembre scorso ad Alindao, a 500 km da Bangui, in un campo di sfollati vicino alla cattedrale. Le abitazioni sono state saccheggiate e la chiesa profanata. Una decina di giorni fa a Nola è stata assassinata una anziana suora, della comunità francese Filles de Jésus. Nonostante la guerra e la presenza sul territorio centrafricano di oltre 650.000 sfollati – su 4,5 milioni di abitanti – il carmelitano pensa che il Paese “ci sia tanta speranza. Qui c’è un capitale umano enorme, i giovani hanno voglia di fare”.

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