Pastorale giovanile: mons. Lorefice (Palermo), “trasformare noi stessi se vogliamo trasformare gli altri”

Dinanzi alla tomba del beato Pino Puglisi, nel cuore della cattedrale di Palermo, l’arcivescovo mons. Corrado Lorefice ha spronato quanti di occupano in Italia di Pastorale giovanile ad essere “segno di trasformazione”, a fare quello che indica una della frasi più conosciute del sacerdote ucciso dalla mafia: “Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”. “Occorre prima trasformare noi stessi se vogliamo trasformare gli altri”, ha detto il presule nel corso di un momento di preghiera inserito nell’ambito del convegno nazionale “Dare casa al futuro” che si è svolto in Sicilia. “Vogliamo camminare da risorti, in piedi come ci ricordano le beatitudini, non ricurvi su noi stessi, non bloccati nel nostro gretto orizzonte geografico, mentale, culturale, ideologico e religioso”. L’esempio che ha consegnato ai delegati italiani di Pastorale giovanile è quello degli apostoli. “Loro annunciano la vita, fanno una proposta di vita, seminano parole di vita. Hanno fatto loro il mandato di Gesù risorto che chiede di andare, annunciare, insegnare, battezzare, immergere. Tutti – ha detto – devono conoscere di essere immersi nell’amore di Dio. Andate allora e seminate con gioia e grandezza di cuore queste parole di vita – è stato il suo incoraggiamento -, consapevoli che questo significa prima di tutto conoscere direttamente queste parole, questo germe di vita immortale, significa essere stati rigenerati da questo amore che è deflagrato nella Pasqua di Gesù, perché solo Dio ama, fino a dare se stesso, fino a dare la vita per noi. Perché solo questo amore riempie noi uomini, libera, motiva, trasforma e vince anche la paura della morte ormai crollata davanti al Crocifisso”. Mons. Corrado Lorefice ha invitato chi fa Pastorale giovanile ad “entrare in relazione con Gesù, incontrato nelle nostre comunità come parola e come essenziale di vita, fonte di vera convivialità e di amicizia. Sì, perché Lui, il Signore – ha detto – ci anticipa sempre e sopraggiunge sulle nostre solitudini che tengono imprigionate le nostre esistenze e a volte anche i nostri ritrovi. Lui riversa luce e speranza nella nostra vita perché è l’unico che ci dà l’ingrediente essenziale per vivere non geneticamente e maldestramente modificato da noi uomini con le nostre bramosie e I nostri deliri di onnipotenza. L’ingrediente non modificato – ha concluso l’arcivescovo –, l’ingrediente essenziale è l’amore, che è dono gioioso, libero e consapevole di sé”.

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