Fisc: mons. Ambrosio (Piacenza), “Europa unita nella diversità”. Tratti comuni, dalle cattedrali all’illuminismo

(dall’inviato a Faenza) “Premetto che quando penso alla nostra Europa, quando penso al nostro continente, sono sempre portato a riconoscere i segni di vita e di speranza, nonostante i molti segni negativi”. Mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza, già vicepresidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), interviene al convegno Fisc a Faenza con una riflessione sul senso della memoria e sull’attualità della costruzione comunitaria. “L’Europa – aggiunge – non solo è la mia culla, è la mia vita, è me stesso insieme a tanti altri. E se dicessi che l’Europa è finita, è morta, dovrei riconoscere che anch’io sono morto. Ma se l’Europa non è morta, può avere malattie che devono essere individuate e possibilmente curate”. Ambrosio si è chiesto: “Si può curare il deficit di memoria? È la domanda che ci sfida, sfida la nostra Europa”. Il relatore ha poi sottolineato che tale deficit è stato denunciato dai pontefici, con particolare riguardo a Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco. Il vescovo ha indicato alcuni passaggi storici dell’Europa, citando fra l’altro le guerre e l’olocausto. Ha quindi ribadito: “È doveroso per tutti fare memoria. Lo è in particolare per noi europei. Bisogna sempre ricordare ‘l’avventura millenaria e insieme inconclusa’ della nostra Europa, come scrisse lo storico francese Braudel, a proposito del sogno di unità culturale e spirituale, messo a dura prova dalle drammatiche vicende storiche, culturali e politiche del secolo scorso”.
Atene, Roma, Gerusalemme: rappresentano differenti apporti alla vicenda storica europea, a cui se ne sono aggiunti diversi altri nel corso dei secoli, “fondendosi in una realtà complessa da cui è emersa la nostra comune cultura, quella delle cattedrali e delle università del Medioevo, quella della fiducia umanistica nel genio dell’uomo, della sua ricerca e della sua libertà, fino all’illuminismo”. La pluralità delle radici europee, ricordata anche da Romano Guardini, “ha favorito una unità di base”, “unità nella diversità”, da cui “sono scaturiti inimitabili frutti nelle arti e nel pensiero, nei valori comuni di fratellanza e di solidarietà, nello spazio spirituale e culturale che la storia ci attesta”.

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