Presbiteri e povertà: mons. Pellegrini (Concordia-Pordenone), “sobrietà di vita tratto importante della nostra identità”

“Al presbiterio è donata come grazia e richiesta come impegno una forma propria di povertà, intrecciata con la carità e con il dono di tutto noi stessi, e delle nostre cose, per i tanti bisogni e necessità delle persone. Una povertà evangelica posta al servizio di una Chiesa discepola del Cristo povero”. Lo ha detto il vescovo di Concordia-Pordenone, mons. Giuseppe Pellegrini, nell’omelia della messa crismale, celebrata nel Giovedì Santo, nella concattedrale di San Marco Evangelista di Pordenone. Ricordando le parole di Papa Francesco nella sua prima omelia della Messa del Crisma, sull’importanza di “uscire da noi stessi e andare nelle periferie, dove c’è dolore e sofferenza, a portare il Vangelo, per incontrare così il Signore”, il presule ha indicato “la povertà e la sobrietà di vita come un tratto importante della nostra identità di presbiteri e di diaconi, che deriva dal sacramento dell’ordine ricevuto”. “In quest’anno pastorale – ha aggiunto –, siamo chiamati a educare il nostro cuore alla virtù, meglio al tesoro, della povertà evangelica”. Ma anche “alla testimonianza personale di una vita evangelicamente povera e a educare le nostre comunità a vivere fino in fondo la beatitudine della povertà”. La consapevolezza del vescovo è che “la testimonianza della povertà comporta una vita semplice e sobria, sia nei comportamenti che nelle scelte concrete dell’uso dei beni e del denaro”. “La povertà – ha spiegato mons. Pellegrini – non è soltanto osservanza di convenienze esteriori per ragione di opportunità pastorale o per non dare scandalo ai fedeli, ma prima di tutto è una decisione di custodire gelosamente la scelta di configurazione a Cristo, scelto come il tutto della nostra vita”. Parole che risuonano “non come una demonizzazione dei beni, ma diffidenza verso l’ostentazione e il loro accumulo”, perché “i beni schiavizzano, le ricchezze alienano e l’accumulo di ricchezze, pure per noi sacerdoti, intontisce spiritualmente e rende il cuore duro e insensibile ai bisogni degli altri”.

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