Gli auguri pasquali si fanno preghiera nelle parole del vescovo di Tricarico, mons. Giovanni Intini, che propone una riflessione a partire dalla domanda “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”, rivolta alle donne al sepolcro il mattino di Pasqua e oggi ad ogni cristiano. “Sono trascorsi due millenni da quell’evento e noi ci ostiniamo a venirti a cercare tra i morti. Ti abbiamo imbalsamato, ti abbiamo riservato un posto d’onore nel museo delle cere che è il nostro cuore, dove abbiamo scolpito a nostra perenne schiavitù gli idoli della nostra vita, sei un ornamento della nostra vita che fa bella mostra di sé – scrive –. La sequela di un Vivente è senza dubbio più impegnativa, dinamica e non si presta ad adulterazioni e inquinamenti”. Sono tre i verbi che il vescovo di Tricarico affida allora ai fedeli: ricordare, perché la fede è memoria “di un Dio all’opera, che continuamente si fa carico del grido dei suoi figli schiavi e li libera”; annunciare, con l’aiuto del “regista segreto ed efficace dell’annuncio” che è lo Spirito Santo; correre, “per superare la stanca apatia dei nostri cammini di fede che assomigliano più alla marcia sofferente dei condannati a morte, che non al passo di danza della sposa che va incontro all’Amato del suo cuore”. E conclude con un auspicio: “Fa’, o Signore, che decidiamo di vivere da risorti”, per “trasformare col Vangelo questa valle di lacrime in valle di speranza”.