Papa Francesco: Christus vivit, rispondere alla ”orfanezza” dei giovani offrendo “luoghi appropriati”. Non trasformare la scuola “in un bunker che protegge dagli errori di fuori”

“In tutte le nostre istituzioni dobbiamo sviluppare e potenziare molto di più la nostra capacità di accoglienza cordiale, perché molti giovani che arrivano si trovano in una profonda situazione di orfanezza”. Così il Papa, nel settimo capitolo della “Christus vivit”, affronta il tema della pastorale giovanile. “Per tanti orfani e orfane nostri contemporanei – forse per noi stessi – le comunità come la parrocchia e la scuola dovrebbero offrire percorsi di amore gratuito e promozione, di affermazione e crescita”, l’indicazione di Francesco, secondo il quale “molti giovani oggi si sentono figli del fallimento, perché i sogni dei loro genitori e dei loro nonni sono bruciati sul rogo dell’ingiustizia, della violenza sociale, del ‘si salvi chi può’”. “L’esperienza di discontinuità, di sradicamento e la caduta delle certezze di base, favorita dall’odierna cultura mediatica, provocano quella sensazione di profonda orfanezza alla quale dobbiamo rispondere creando spazi fraterni e attraenti dove si viva con un senso”, la proposta del Papa. “Nelle nostre istituzioni dobbiamo offrire ai giovani luoghi appropriati, che essi possano gestire a loro piacimento e dove possano entrare e uscire liberamente, luoghi che li accolgano e dove possano recarsi spontaneamente e con fiducia per incontrare altri giovani sia nei momenti di sofferenza o di noia, sia quando desiderano festeggiare le loro gioie”, prosegue Francesco citando come esempio gli oratori e i centri giovani, occasione per “quell’indispensabile annuncio da persona a persona, che non può essere sostituito da nessuna risorsa o strategia pastorale”. “La scuola è senza dubbio una piattaforma per avvicinarsi ai bambini e ai giovani”, sostiene il Papa. “Ci sono alcune scuole cattoliche che sembrano essere organizzate solo per conservare l’esistente”, la denuncia: “La scuola trasformata in un ‘bunker’ che protegge dagli errori ‘di fuori’ è l’espressione caricaturale di questa tendenza”. “Diritto alla cultura significa tutelare la sapienza, cioè un sapere umano e umanizzante”, la tesi di Francesco, che lancia un grido d’allarme: “Troppo spesso si è condizionati da modelli di vita banali ed effimeri, che spingono a perseguire il successo a basso costo, screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita. È da rivendicare il diritto a non far prevalere le tante sirene che oggi distolgono da questa ricerca”.

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