“Una donna che, sicuramente, ha cercato e voluto dare un significato alla propria esistenza, facendo buon uso della sua vita e delle doti umane, culturali e spirituali che possedeva, non solo per se stessa e la propria famiglia, ma anche per il bene comune della nostra città”. Così l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nell’omelia della messa celebrata oggi, nel santuario della Consolata, in suffragio di Marella Caracciolo, vedova di Giovanni Agnelli, a poche settimane dalla sua morte. “Dei defunti ‘facciamo memoria’, ricordando la loro presenza e le loro azioni, perché in tutti noi c’è l’immagine e la vita stessa di Dio. Per questo, la comunità cristiana cerca di essere presente e vicina ad ogni persona che lascia la vita, anche le più povere, lontane e sole”, ha affermato il presule. Mons. Nosiglia invita a essere lontani da “un’idea di perfezione delle persone che non sarebbe realistica”, ma al “graduale sforzo che accomuna tutti nella ricerca del bene e nel miglioramento di se stessi, come uomini e donne in cammino, anche nella fede”. Soffermandosi sulla “memoria di Marella”, l’arcivescovo ha affermato che “donare per donarsi, perdonare e perdonarsi: al di là delle parole è questo il cuore di tutta la nostra vita”. “La solidarietà, mai disgiunta dalla giustizia, è non solo la nostra bussola, ma anche il vincolo della nostra dignità. Torino oggi ha bisogno di un rinnovamento che riguarda tanti aspetti economici e sociali – ha aggiunto mons. Nosiglia -. Ma ha bisogno soprattutto di affetto e di attenzione, di ‘simpatia’ e di intelligenza, di coraggio e intraprendenza, di unità, per essere accompagnata a crescere di nuovo in una delle svolte più delicate della sua storia”. Secondo il presule, nei cambiamenti che attendono Torino “la famiglia Agnelli può offrire ancora contributi importanti allo sviluppo complessivo della città e del suo territorio”. “Il ricordo di Marella, della sua dedizione generosa, può essere stimolo per questo nostro impegno comune”.