Unione europea: p. Albanese, “sfida è anzitutto culturale”. “Perché dottrina sociale non è entrata in pastorale ordinaria?”

“Il rischio che corriamo è quello di gettare la spugna. Abbiamo concepito un’Europa soprattutto economica tralasciando la dimensione politica di polis come bene condiviso”, avverte padre Giulio Albanese, missionario e giornalista, prendendo la parola all’incontro sull’Europa”, promosso oggi a Roma da Azione cattolica, Focsiv e Missio insieme all’Istituto Giuseppe Toniolo. “Ci si muove in ordine sparso, da navigatori solitari – osserva Albanese –; la grande sfida è capire che abbiano un destino comune e che la dimensione della diversità rappresenta un elemento fondamentale del Dna europeo”. “I padri dell’Europa hanno avuto il coraggio di rischiare mentre oggi si afferma la logica del respingimento, il mare nostrum è diventato una sorta di cimitero liquido”, sottolinea il missionario ricordando che la politica così come intesa da Paolo VI e da Francesco “non può prescindere dal mondo che ci appartiene: essere cattolici vuol dire affermare l’universalità, la globalizzazione intelligente. Non abbiano capito che ciò che succede nelle periferie del mondo ha a che fare con la nostra quotidianità”. “Dobbiamo stare con i piedi per terra – il monito di Albanese –. La sfida è anzitutto culturale: se stiamo assistendo al proliferare dei sovranismi è perché si sta affermando il pensiero debole. Come Chiesa dobbiamo metterci in discussione: è inaccettabile che in Italia ci siano persone che stanno a mani giunte, vanno nei santuari e poi gioiscono per azioni come i respingimenti; fedeli che non hanno la minima consapevolezza della dottrina sociale della Chiesa. Dovremmo chiederci come mai questo magistero non sia entrato nella pastorale ordinaria, dovremmo fare un serio esame di coscienza”.

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