Ciclone Idai: Msf, “distruzione e acqua dovunque”

(Foto: Msf)

“La prima cosa che vedi quando arrivi è distruzione e acqua ovunque. Dicono che la situazione fuori città potrebbe essere addirittura peggiore, ma nel breve tempo trascorso dal nostro arrivo ci siamo concentrati per cercare di comprendere la situazione e i bisogni in città, perché ci vivono circa 500.000 persone e la maggior parte delle case è danneggiata o distrutta”: lo racconta il capoprogetto di Medici senza frontiere (Msf) a Beira, Gabriele Santi. In Mozambico l’équipe d’emergenza di Msf ha raggiunto, infatti, la città di Beira, travolta dal ciclone Idai il 14 marzo, dopo che Msf ha dovuto interrompere le proprie attività regolari nell’area.
“La rete idrica è fuori servizio e ci sono vaste zone dove le persone fanno molta fatica a trovare una fonte di acqua pulita, soprattutto nei quartieri più poveri e densamente popolati”, testimonia Santi, secondo il quale “è difficile in questa fase avere un quadro chiaro dei bisogni medici delle persone. È difficile anche solo raggiungere le strutture sanitarie, perché le strade, o addirittura le strutture stesse, sono distrutte. Al momento questa è la nostra maggiore sfida. Ed è una sfida anche per il ministero della Salute, che sta cercando di riabilitare il sistema sanitario nel più rapido tempo possibile”.
Le malattie diffuse dall’acqua sono motivo di preoccupazione per Msf: “Le persone stanno utilizzando acqua di pozzo non sterilizzata, difficilmente è acqua pulita e sicura da bere. Le famiglie con più soldi possono ancora comprare acqua in bottiglia, ma non tutti possono permetterselo”, sottolinea Santi, che aggiunge: “Anche le malattie respiratorie ci preoccupano. Sta ancora piovendo, direttamente nelle case, e la polmonite può diventare un problema. Molte persone si sono radunate nelle scuole o nelle chiese, dove le malattie respiratorie possono diffondersi facilmente”.
Oltre a tutto questo, “c’è il problema di come curare le persone che si ammalano, dato l’alto numero di strutture sanitarie danneggiate o distrutte”. Ora, assicura il capoprogetto, “inizieremo ad affrontare i bisogni principali che vediamo, capiremo meglio, giorno per giorno, dove la nostra assistenza può avere il maggiore impatto ed estenderemo la nostra risposta di conseguenza”.

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