Istituti religiosi: p. Dalpiaz (Cism), “la redditività di un’opera non può essere l’unico criterio decisionale”

“È difficile pensare alla Chiesa in Italia senza la rete di conventi e strutture socio-assistenziali attraverso cui la vita religiosa ha plasmato l’intera società, anticipando di fatto il sistema di welfare”. Lo ha sottolineato padre Giovanni Dalpiaz, camaldolese, docente di sociologia alla Salesiana e membro del Consiglio di Presidenza della Cism, per il quale rispetto al patrimonio immobiliare degli istituti religiosi “quello economico non è e non potrebbe essere il criterio decisionale”. “Non si chiude un’opera – ha detto – guardando all’attivo del suo bilancio. La redditività non può essere l’unico criterio da tenere presente”. Del resto, la gestione dei beni immobili “non è un capitolo a sé o una questione solo di ottimizzazione delle risorse, ma è qualcosa di più, che ha a che fare con il senso che una certa opera può avere in ordine alla testimonianza di carità per cui è nata”, ha spiegato padre Dalpiaz intervenendo al Convegno che fino a domani riunisce a Roma circa 400 tra economi e responsabili degli uffici amministrativi.
Ripercorrendo le tappe storiche della vita religiosa, il docente di sociologia ha messo in luce che da sempre “gli edifici sono strumenti per realizzare il progetto carismatico” e che quando “non risulta possibile un riutilizzo del bene, il capitale finanziario ottenuto dalla sua cessione viene usato per altre opere connesse al carisma, anche se in un altro contesto ecclesiale e geografico, in quanto per un istituto religioso l’orizzonte è la Chiesa universale”.

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