Corridoi umanitari: Comunità Papa Giovanni XXIII, le buone pratiche presentate a Bruxelles. Ramonda, “aprire vie legali e sicure per arrivare in Europa”

La Comunità Papa Giovanni XXIII ha presentato questa mattina a Bruxelles le buone pratiche dei corridoi umanitari: vie legali e sicure che permettono ai profughi un ingresso sul territorio italiano con visto umanitario. “Un’eccellenza italiana – spiega una nota – che affronta in modo innovativo una delle maggiori criticità a livello planetario: la gestione dei flussi migratori”. In seguito ad una fase di ricerca, sono state individuate le procedure standard di realizzazione dei corridoi umanitari con l’obiettivo di costituire un punto di riferimento operativo per l’implementazione del modello, e soprattutto al fine di renderlo replicabile in qualsiasi Stato europeo e a favore di rifugiati di diversa provenienza.
“Stiamo assistendo ad un fenomeno epocale, non più un’emergenza”, spiega Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. “L’Onu parla di 68 milioni di profughi nel mondo. Persone costrette a scappare dalla loro terra per fuggire da guerre e persecuzioni”, prosegue Ramonda, secondo cui “a questo problema non si può pensare solo di chiudere frontiere, ma occorre gestire in modo regolato l’immigrazione e l’integrazione, aprendo vie legali e sicure per arrivare in Europa e sottrarre questa povera gente dalle mani dei trafficanti di uomini”.
Nel manuale “Corridoi umanitari: le procedure di implementazione per la loro estensione su scala europea”, elaborato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII nell’ambito del progetto Humanitarian Corridors – Upscale a promising practice for clearly linked pre-departure and post-arrival support of resettled people, si sottolinea il sistema della sponsorhip. “L’idea – prosegue la nota – è che non siano solo gli Stati ad occuparsi di quali e quanti profughi fare arrivare sul territorio europeo. La società civile, in questa formula di accoglienza, può giocare un ruolo primario”.

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