Natale: mons. Cetoloni (Grosseto), “auguro a tutti stupore e meraviglia”

foto SIR/Marco Calvarese

Stupore e meraviglia. È quanto augura mons. Rodolfo Cetoloni alla Chiesa di Grosseto nel suo messaggio per Natale. “Il senso ultimo che ci fa fare festa è uno: un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio, secondo la profezia di Isaia – spiega – e allora Natale tornerà ad essere la festa non tanto dei buoni sentimenti, che pure sono importanti nella nostra vita, ma la festa di noi davanti al Dio bambino e di Dio con noi”. Quest’anno mons. Cetoloni ha voluto porre all’ingresso del palazzo vescovile e degli uffici della diocesi la riproduzione dell’affresco della Natività dipinto, alla fine del Trecento, da Cristoforo di Bindoccio e Meo di Pero, due pittori senesi. L’affresco è conservato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, a Campagnatico. “Personalmente mi colpiscono gli occhi dei pastori, ma anche gli sguardi del bue e dell’asinello, quasi sconvolti nel trovarsi davanti a quel bambino – sottolinea –. L’augurio che faccio a ciascuno è di poter avere anche noi uno sguardo stupito e meravigliato nel momento in cui ci fermiamo davanti al presepe, ‘segno mirabile’, come lo ha definito il Papa nella bellissima lettera che ha scritto e firmato a Greccio il 1° dicembre scorso”. Mons. Cetoloni ricorda che “fare il presepe impegna le nostre capacità, la nostra fantasia, la nostra abilità manuale, l’estro, il senso del bello, ma non dobbiamo mai dimenticarci che quel segno parla prima di tutto alla nostra interiorità e alla nostra fede, poca o tanta che sia, flebile come una fiammellina incerta, zoppicante o robusta come un grande albero”. “Francesco d’Assisi – ricorda il vescovo di Grosseto –, quando la notte di Natale del 1223 ‘inventò’ il presepe, non lo fece con l’intenzione di impartire agli altri una lezione di fede, ma per rispondere a un bisogno intimo e personale. Fu l’amore a provocargli il desiderio di immedesimarsi in quel Dio Bambino, così come fu sempre l’amore a fargli nascere nel cuore la preghiera di sentire un po’ delle sofferenze che Cristo patì sulla croce”. “Oggi – conclude – dentro i ritmi frenetici delle nostre giornate, in mezzo a molte preoccupazioni, ansie, lacerazioni, silenzi, dolori intrisi di solitudini, abbiamo più che mai bisogno di stupore e meraviglia”.

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