Iraq: card. Sako, “è arrivato il tempo per un partito dei cristiani”

foto SIR/Marco Calvarese

Davanti a sfide epocali come “l’emigrazione, l’emarginazione nel mondo del lavoro, la debole rappresentanza politica, la dispersione dei partiti caldei, siri e assiri, il calo demografico nelle loro regioni storiche, le ingiuste legislazioni” e a fronte della necessità di “modificare la costituzione e riformare le leggi sullo status personale”, “non è forse giunto il tempo di costituire un unico gruppo politico che raduni i cristiani iracheni?”. A porre la domanda è il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, in un messaggio inviato ai fedeli in Iraq e nella diaspora, diffuso oggi attraverso il sito del Patriarcato. Si tratta, per il patriarca, di una domanda che nasce dopo “una profonda riflessione sull’attuale situazione irachena”. Nel testo il cardinale ricorda come “i cittadini cristiani siano noti per la loro capacità di integrarsi completamente nel corso di tutta la storia, e non sorprende che le loro radici siano solidamente piantate su questa terra benedetta prima e dopo il cristianesimo”. Tuttavia dal 2003, il Paese “ha visto molti cambiamenti e i cristiani iracheni hanno perso molte grandi opportunità”. La sfida adesso “è restare in Iraq e migliorare questa presenza”, specialmente in un momento in cui “il Paese va verso elezioni anticipate”. Tra i cristiani iracheni, scrive il card. Sako, ci sono personalità di spicco nel mondo del diritto, della politica, della sociologia, dell’economia e dei media. Per questo è importante “evitare di dividersi in vari partiti e fazioni”, assumersi “la responsabilità di una riunificazione” e “non restare in balia dei principali partiti che catturano i voti dei cristiani senza dare loro una reale rappresentanza e leadership politica unificata”. Per il cardinale, “prima che sia troppo tardi” occorre pensare a una “strategia cristiana unificata”, che porti il nome di “Gruppo dei partiti cristiani” o “Alleanza cristiana” o qualunque altro nome intendano darsi. Un gruppo unitario che garantisca in tal modo maggiore forza decisionale sia a livello di governo centrale, a Baghdad, sia nella regione autonoma del Kurdistan. Dal patriarca caldeo arriva anche una sorta di “road map” da seguire per affrontare quelle che definisce “priorità” sia a livello di governo centrale sia in Kurdistan. Una lista che comprende, tra le varie cose, “la nascita di un comitato di professionisti del diritto e della politica capaci di promuovere i diritti dei cristiani partendo dalla Costituzione e dalle leggi soprattutto per ciò che concerne lo status personale, il matrimonio, l’eredità, alimenti; stabilire come feste nazionali il Natale e la Pasqua, come avviene già per le principali ricorrenze musulmane; curriculum educativi che rafforzino l’unità nazionale e presentino il nostro patrimonio cristiano in quello nazionale; media indipendenti dentro e fuori l’Iraq; contrastare il cambiamento demografico nelle nostre regioni e l’esproprio di terre, specialmente nella Piana di Ninive dove si gioca il futuro dei cristiani iracheni; creare opportunità di lavoro per i disoccupati e favorire gli investimenti per un ritorno di chi è partito; costituire un gruppo di lavoro che segua le questioni inerenti i cristiani nei dipartimenti statali”. “Come Chiesa – conclude Sako – siamo pronti a sostenere questi obiettivi se vi sono persone serie e sincere, disposte a farli propri”.

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