Natale: torna “L’Altra Cucina… per un pranzo d’amore”. Reni (Prison Fellowship), “vediamo aprirsi strade di solidarietà inimmaginabili”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Si è svolta presso il Consiglio di Stato la presentazione de “L’altra cucina…un pranzo d’amore”, l’evento che in occasione del Natale coinvolge 12 carceri italiane per un totale di 2.060 detenuti, 50 tra comici e artisti e centinaia di volontari. L’iniziativa è patrocinata dal ministero della Giustizia e promossa e organizzata da Prison Fellowship Italia Onlus, Rinnovamento nello Spirito Santo e Fondazione Alleanza Onlus del Rns. “Diciamo tante parole sull’amore ma la meraviglia è vederle incarnate”, spiega Arianna Ciampoli, conduttrice di Tv2000 che da anni partecipa al progetto. Parafrasando il messaggio del Pontefice ai ragazzi del carcere minorile di Torino, Ciampoli ha ricordato l’importanza di annunciare a queste persone “il coraggio di non rassegnarsi, poiché il rischio è che chi sbaglia si consideri uno sbaglio, ma non è la verità”. A proseguire Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito che nell’incontro con i detenuti vede l’occasione per annunciare il vero significato del natale: “La liberazione dall’unica vera prigione dell’uomo, il male che è nei cuori. Un lavoro spirituale, comunitario e sociale. Oltre a chef che preparano pranzi stellati ci sarà una società civile che si attrezza per aggiungere gusto alla solidarietà e sapore di misericordia alla giustizia”. A concludere Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship, una delle promotrici dell’iniziativa, racconta l’evoluzione di quest’appuntamento negli anni, dove importanti chef che non nascondevano un certo timore a partecipare all’evento, sono ora i primi a chiedere ogni anno di poter partecipare e contribuire ai ‘pranzi d’amore’. “Moltissimi di questi famosi cuochi hanno donato l’intera attrezzatura che ci occorreva per la festa; a Trani, Piero Pezzolla ritiene un privilegio offrire la sua competenza e tutto ciò che occorre per l’occasione. Tutti gli chef oltre alle loro competenze hanno messo a disposizione qualcosa di proprio. Qualcuno di loro ha chiesto di aprire una scuola di cucina dentro le case di reclusione e siamo già a tre scuole, per noi è una speranza concreta di recupero. Da un pranzo che può sembrare fine a se stesso, noi vediamo aprirsi strade di solidarietà inimmaginabili che ci fanno sperare in bene”.

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