Crisi economica e sociale: mons. Nosiglia (Torino), “allontanarsi dall’indifferenza. La disuguaglianza si combatte, e si vince, con la solidarietà”

Mons. Cersare Nosiglia, arcivescovo di Torino

Ha pagato il viaggio degli operai della Ex-Embraco per andare a Roma a parlare con Papa Francesco. È solidale con Cgil, Cisl, Uil per la “Vertenza Torino”. Richiama tutti, indifferentemente, alle proprie responsabilità. Parla di libertà e dignità del lavoro come condizioni irrinunciabili. Non è un prete-operaio, ma l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, che in un’intervista a tutto campo al Sir spiega: “Da figlio ho visto le lotte e l’orgoglio di mio padre operaio alla Piaggio. Da prete è mio dovere stare vicino a chi è senza lavoro oppure rischia di perderlo”. Per mons. Nosiglia “la globalizzazione che stiamo vivendo ha compiuto 30 anni da poche settimane. Il risultato più vistoso è quello di un mondo sempre più interconnesso e interdipendente ma nel quale sembrano prevalere il profitto di pochi e la solitudine di molti. Non abbiamo ancora compreso bene quanto siano stati profondi i cambiamenti; e soprattutto non ci siamo sufficientemente attrezzati per esercitare una concreta vigilanza su quanto sta accadendo. In questo Papa Francesco ci sta dando lezioni molto importanti. Il suo puntare il dito sulla ‘logica dello scarto’ dovrebbe portarci a riflettere in modo ancor più impegnativo sulle conseguenze di quello che avviene”. La dignità del lavoro, ha precisato l’arcivescovo di Torino, si colloca in questo contesto: “Se davvero è l’uomo al centro della creazione, dobbiamo batterci con ogni mezzo per affermare questo principio. Quando incontro gli operai nelle fabbriche vuote, mi è accaduto ancora recentemente con la ex-Embraco, ciò che mi viene trasmesso è anche la perdita di dignità che subiscono. Anche dal lavoro passa la dignità di una persona. Ma oggi si è perso il valore del lavoro”. Tuttavia “negli operai non c’è rabbia”, ma “l’amara delusione per essere stati presi in giro, per le promesse che poi non sono state mantenute. Si tratta di persone deluse del loro presente e preoccupate del loro futuro, ma mai scoraggiate. Sono consapevoli delle difficoltà, ma pronti ad impegnarsi e fare la loro parte perché amano l’impresa in cui lavorano magari da anni”. Pertanto, per mons. Nosiglia, per uscire dalla crisi è necessario allontanarsi “dall’indifferenza. La disuguaglianza si combatte, e si vince, con la solidarietà, la conoscenza diretta tra le persone. Se invece ci si rassegna al fatto che oggi le vite di tanti, dei giovani soprattutto, devono essere precarie, il gioco è fatto e tutti perdono. Ho sperimentato in più occasioni il valore del coinvolgimento diretto. La presenza della Chiesa accanto ai lavoratori e alle loro famiglie ha un obiettivo preciso: servire di stimolo e, anche, da richiamo alla coscienza di tutti”.

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