Intelligenza artificiale in medicina: p.Benanti (teologo ed esperto Mise), “non diventi mercato aggredibile da società”. “Presa in cura è cifra umanizzante professione medica”

L’intelligenza artificiale “può dirci qual è il paziente più bisognoso di cura. In questo modo possiamo ottimizzare i costi, ma siamo pronti a delegare ad una macchina una scelta prima affidata al giudizio di un medico?”. Con riferimento alla fecondazione artificiale, “siamo pronti a far dire ad una macchina quale sarà il Dna dei futuri esseri viventi?”. A porre questi provocatori interrogativi è padre Paolo Benanti, teologo, esperto in bioetica e nuove tecnologie e membro Task force Mise. Nel suo keynote speech all’evento AI4Docs “Opportunità e rischi dell’intelligenza artificiale in medicina” in corso al Policlinico Gemelli di Roma, cita fra l’altro il caso di Babylon Health, fornitore di servizi sanitari che offre consulenze remote con medici e operatori sanitari tramite messaggi di testo e video attraverso la sua App mobile. Nel Regno Unito questi servizi di assistenza sanitaria privata in abbonamento coprono più di 40mila utenti registrati. “Studiereste dieci anni per ridurvi a fare qualcosa di equivalente all’operatore, ancorché qualificato, di call center?”, Benanti chiede provocatoriamente ai medici. E ancora: “Che cosa accade di tutti i dati raccolti all’interno di questa prassi? Chi aggrega i dati è in grado di conoscere la situazione sanitaria della popolazione britannica. Si può fare ricerca su questi dati senza il consenso dei pazienti? Qual è il diritto del cittadino in un sistema sanitario di questo tipo?”. “La medicina – avverte – non deve diventare un mercato facilmente aggredibile da alcune società”. “L’algoritmo produrrà una scienza più fine? La presa in cura dell’altro – il monito conclusivo – deve essere la cifra umanizzante della professione medica”.

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