Papa Francesco: alla Fiuc, “educare non è soltanto riempire la testa di concetti”. “Fare una nuova episteme”, ma non “di laboratorio”

foto SIR/Marco Calvarese

“Educare non è soltanto riempire la testa di concetti”, ma insegnare ad “utilizzare i tre linguaggi: il linguaggio della mente, il linguaggio del cuore, il linguaggio delle mani”. Lo ha detto, a braccio, il Papa ricevendo in udienza i membri della Fiuc (Federazione internazionale delle università cattoliche). Francesco si è soffermato sul “carattere tipicamente epistemologico” dell’università, “che riguarda tutto l’arco dei saperi, e non solo quelli umanistici ma anche quelli naturali, scientifici e tecnologici”. “L’epistemologia tradizionale – ha ricordato il Papa – aveva sottolineato tale ruolo ritenendo il carattere impersonale di ogni conoscenza come condizione di oggettività, requisito essenziale dell’universalità e della comunicabilità del sapere”. Oggi, invece, “numerosi autori mettono in risalto come on esistano esperienze totalmente impersonali: la forma mentis, le convinzioni normative, le categorie, la creatività, le esperienze esistenziali del soggetto rappresentano una ‘dimensione tacita’ della conoscenza ma sempre presente, un fattore indispensabile per l’accettazione del processo scientifico”.
“Fare una nuova episteme”: è questa, per il Papa, la “sfida” da raccogliere: “Non possiamo pensare ad una nuova episteme di laboratorio”, il monito: “non va. Della vita, sì”. Alla Fiuc, Francesco ha chiesto inoltre di “assumersi l’imperativo morale di adoperarsi per realizzare una comunità internazionale accademica più unita, fa una parte affondando con più convinzione le proprie radici in quel contesto cristiano dal quale le università ebbero origine e, dall’altra, consolidando la rete tra le università di antica nascita e quelle più giovani, per sviluppare uno spirito universalistico finalizzato ad accrescere la qualità della vita culturale delle persone e dei popoli”.

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