Papa Francesco: no a “sconfinamento del giudice in ambiti non propri”, per “nuovi diritti” o “sentenze” che esaudiscono “desideri”

foto SIR/Marco Calvarese

Oggi assistiamo alla “giustificazione dello sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti ‘nuovi diritti’, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo”. A denunciarlo è stato il Papa, che ricevendo in udienza i membri del Centro studi Livatino ha stigmatizzato questa sentenza e ha rilanciato la definizione che il giudice assassinato dalla mafia ha dato del magistrato: “Egli altro non è che un dipendente dello Stato al quale è affidato lo specialissimo compito di applicare le leggi, che quella società si dà attraverso le proprie istituzioni”. Al contrario, come aveva notato già Livatino, “si è venuta sempre più affermando una diversa chiave di lettura del ruolo del magistrato, secondo la quale quest’ultimo, ‘pur rimanendo identica la lettera della norma, possa utilizzare quello fra i suoi significati che meglio si attaglia al momento contingente”. “L’attualità di Rosario Livatino è sorprendente – ha commentato Francesco –  perché coglie i segni di quel che sarebbe emerso con maggiore evidenza nei decenni seguenti, non soltanto in Italia, cioè la giustificazione dello sconfinamento del giudice in ambiti non propri, soprattutto nelle materie dei cosiddetti ‘nuovi diritti’, con sentenze che sembrano preoccupate di esaudire desideri sempre nuovi, disancorati da ogni limite oggettivo”. “Livatino ha testimoniato quanto la virtù naturale della giustizia esiga di essere esercitata con sapienza e con umiltà, avendo sempre presente la dignità trascendente dell’uomo, che rimanda «alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella ‘bussola’ inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato”, l’omaggio del Papa.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa

Informativa sulla Privacy