Migranti: Lambruschi (Avvenire), “un piano europeo per gestire situazione umanitaria in Libia”

I centri di detenzione per migranti in Libia “sono una indecenza e vanno chiusi: dobbiamo continuare a tallonare il governo italiano per una nuova commissione italo-libica, e a chiedere un piano europeo per gestire la situazione umanitaria”. È il parere di Paolo Lambruschi, inviato di Avvenire, che ha presentato ieri sera a Roma il suo libro “Sulla loro pelle” (San Paolo, 2019), rispondendo alle domande del collega Toni Mira. Il libro spiega le ragioni per cui i migranti, soprattutto africani (con alcuni focus su Etiopia, Eritrea e Libia) continuano a partire, e quali potrebbero essere le proposte per una più corretta gestione del fenomeno. “L’Europa manca di una serena normativa sull’asilo – ha ricordato Lambruschi -. La storia dimostra che in Italia i migranti non vogliono stare, il loro obiettivo sono Paesi come la Svezia e la Germania, che hanno più bisogno della loro presenza come forza lavoro. E tra un po’ serviranno anche a noi”. Perciò in Italia è necessaria “una nuova legge sull’immigrazione, una sul diritto d’asilo e rivedere il tema dei permessi umanitari”. “Lo scorso anno – ha osservato – siamo stati travolti da una valanga di odio ma la Chiesa, il mondo della cooperazione e le imprese (alcune hanno assunto rifugiati) hanno resistito. I sondaggi dimostrano che il razzismo e la xenofobia sono presenti maggiormente nei piccoli centri che non conoscono i migranti e credono in ciò che viene raccontato da politica e media in modo ansiogeno”. La visione della Chiesa – e i corridoi umanitari lo dimostrano – è invece quella di “non lasciare indietro nessuno”, anche se ci sono “cattivi catechisti che l’hanno dimenticato” tanto da mettere in discussione le forti prese di posizione di Papa Francesco su questi temi: “Una parte di Chiesa – ha detto – è rimasta prigioniera di un falso problema di identità. Invece è l’incontro con l’altro che fa passare la paura”. Anche se non ci sono soluzioni definitive per affrontare il fenomeno migratorio – da prendere in considerazione seriamente e con lungimiranza, visto che entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà – ci sono “tante buone pratiche, idee e confronti”. Un modello di accoglienza che in Italia funziona, a suo avviso, sono “i piccoli Comuni del welfare che accolgono sul loro territorio i centri Sprar. Si vive insieme ma non c’è una prevalenza di alcuni su altri”.

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