Colombia: vescovi, “nelle manifestazioni anelito del popolo al cambiamento, ma no alla violenza”

“Riconosciamo nelle manifestazioni pacifiche il profondo anelito del popolo colombiano a porre fine ai problemi che affliggono la nostra nazione da molti anni e di avanzare per via democratica verso una realtà di stabilità sociale e giustizia”. Inizia così il comunicato diffuso ieri dalla Conferenza episcopale colombiana, in cui si prende posizione sulle manifestazioni di questi giorni, proprio mentre la Colombia è scossa dalla morte del giovane diciassettenne Dilan Cruz, dopo aver riportato ferite provocate probabilmente dagli agenti antisommossa dell’Esmad, e si annunciano nuovi giorni di sciopero generale, dopo l’iniziale fallimento del tavolo di dialogo voluto dal presidente Iván Duque. Il messaggio dei vescovi prosegue condannando “decisamente ogni forma di violenza e di incitazione al caos: vandalismi, distruzioni, saccheggi, terrorismo attraverso le reti sociali e, soprattutto, aggressioni e attentati diretti contro la vita e i beni della popolazione civile e dei pubblici servitori”. E invita, di conseguenza, “a tralasciare la violenza, che contravviene al proposito stesso delle proteste pacifiche e compromette gravemente i diritti di tutte le persone. Non si tratta di distruggere quello che abbiamo , ma di costruire quello che ci manca”.
Per la Conferenza episcopale va accolta e apprezzata “la proposta di un dialogo nazionale per la ricerca e la concertazione di iniziative concrete, che conducano prontamente alla riconciliazione, al rafforzamento dell’azione sociale e allo sviluppo integrale per tutti. Bisogna perseverare per questa strada per raggiungere la pace autentica. La Chiesa cattolica, come è insito nella sua identità, è disposta a favorire e a partecipare a questo dialogo in tutte le regioni del Paese”. Si legge ancora: “Ripetiamo che questo momento esige la costruzione di un progetto comune di Paese, impegno che tutti dobbiamo accogliere in modo responsabile, deponendo interessi di parte o individuali. La soluzione non è in mano a una persona o a un gruppo, ma a tutti i colombiani”.

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