Colombia: nelle manifestazioni ferito gravemente dagli agenti antisommossa un giovane 17enne. “Sparano lacrimogeni e bombe stordenti ad altezza d’uomo”

Sono continuate per tutto il fine settimana in Colombia e soprattutto nella capitale Bogotà marce e manifestazioni di cittadini e in particolare di migliaia di studenti, lavoratori e gente normale, malgrado da giovedì i trasporti procedano a singhiozzo e siano chiuse 40 stazioni del Transmilenio (servizio metropolitano di bus veloci) su 120. Così, molte persone affrontano camminate anche di due ore per poter partecipare alle manifestazioni. Si è trattato di momenti perlopiù pacifici, rispetto ai quali sono mancati episodi di repressione. In occasione del più grave di questi un ragazzo di 17 anni, Dilan Cruz Medina, è stato gravemente ferito in pieno centro, nei pressi del Museo dell’Oro, da un lacrimogeno o da una bomba stordente sparata, secondo alcune testimonianze, ad altezza d’uomo dagli agenti delle forze speciali dell’ Escuadrón Móvil Antidisturbios (Esmad). Ora il ragazzo lotta tra vita e la morte all’ospedale della Javeriana e per lui sono state promosse veglie silenziose e momenti di preghiera.
Le manifestazioni sono proseguite e addirittura 5mila giovani sono arrivati alle 10 di sera fino all’abitazione del presidente, in questo caso senza repressioni. “Una cosa mai vista a queste latitudini – afferma da Bogotá Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina –. Qui, per la storia del Paese, non esiste una storia di mobilitazione popolare con marce massicce in strada, come in Ecuador, Bolivia, Cile, Argentina. I manifestanti sono sempre stati assimilati ai terroristi”. Prosegue Morsolin, in riferimento al fatto del giovane Dilan Cruz: “Sono anch’io testimone oculare che le moto di pronto intervento degli agenti dell’Esmad, con casco e scudo e tenuta antisommossa sparano lacrimogeni e bombe stordenti ad altezza d’uomo. Per questo è stato chiesto un dibattito urgente in Parlamento ed è stato convocato il direttore generale della Polizia, per rispondere di una repressione che hanno provocato oltre 300 feriti tra i civili, in maggioranza studenti con cacerolas (pentole che vengono ripetutamente battute). In questi tre giorni non ho mai visto studenti tirare una pietra, ci sono fuochi di violenza ma per destabilizzare, non sono legati alla protesta pacifica non violenta”. Va inoltre sottolineato che gravi fatti di sangue accaduti nel Paese (come l’uccisione di tre agenti nel dipartimento del Cauca, forse da parte della dissidenza Farc) sono purtroppo la conferma della violenza strutturale in cui vive il Paese e non sono il prodotto dello sciopero generale, come anche importanti giornali italiani hanno interpretato.

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