Nel 2018 le Chiese olandesi hanno speso 40,7 milioni di euro per la riduzione della povertà nei Paesi Bassi. Se poi si conteggiano le ore che i volontari delle Chiese hanno donato per queste attività, vanno aggiunti altri 47,9 milioni di euro, per un totale di 88,6 milioni di euro. Sono i dati dell’indagine “Povertà nei Paesi Bassi 2019” (Armoede in Nederland 2019), curati da una serie di Chiese e realtà ecclesiali, raggruppate nella rete “Knooppunt Kerken en Armoede”, e resi noti a Rotterdam. Così ha commentato il vescovo Gerard De Korte: “Le cifre mostrano che il potere diaconale delle nostre Chiese è ancora considerevole”, ma “più importante dell’aiuto materiale è l’incontro”. “Sono migliaia le persone di Chiesa che vivono fino in fondo la fede del loro battesimo, compiendo atti concreti di compassione e carità in innumerevoli luoghi”. Se nel 2012 a chiedere aiuto alle Chiese erano soprattutto le “persone senza lavoro retribuito”, ora i principali gruppi sociali che hanno bisogno di sostegni sono i richiedenti asilo e rifugiati, le persone con malattie croniche e le famiglie monoreddito. Tra le cause della povertà, dice la ricerca, anche la burocrazia, che complica i processi necessari per ottenere sostegni statali. Da qui la richiesta all’amministrazione statale di “non etichettare gli errori commessi dalle persone a causa di regolamenti o formulari complicate come ‘frodi’”. Un’altra richiesta riguarda i giovani, che nella fascia 18-21 hanno bisogno di “programmi mirati”.