Armi nucleari: mons. de Romanet (Francia), “per non scomparire umanità deve aprire nuova fase di solidarietà e fratellanza”

“Il potere nucleare militare è espressione del peccato degli uomini, della loro volontà di potere e di dominio: con un totale cinismo politico alcuni Stati, che agiscono solo nel proprio interesse, impongono di fatto la loro egemonia”. A denunciarlo è stato mons. Antoine de Romanet, vescovo per le Forze armate francesi, intervenuto al 5° corso per la formazione dei cappellani militari cattolici al diritto internazionale umanitario – organizzato dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, in collaborazione con la Congregazione per i vescovi e quella per l’evangelizzazione dei popoli – che si è chiuso ieri a Roma. Per l’ordinario militare francese è necessario “proporre una dinamica di conversione, di luce, di speranza. Sapere come camminare verso un mondo più sicuro, più giusto, più fiducioso, più fraterno! Odiare il peccato e amare il peccatore”. “Sarebbe sterile – ha aggiunto – condannare per principio e poi non accompagnare, passo dopo passo, sulla via di un autentico progresso in termini di pace e sicurezza”. Il punto, ha spiegato il presule, “non è più tanto quello delle armi nucleari in particolare – queste fanno parte di una nuova area di conflittualità – quanto quello delle ‘armi di distruzione di massa non discriminatorie’ in generale”. Le armi nucleari, ha affermato, “danno all’umanità, per la prima volta nella sua storia, l’opportunità di prendere coscienza dell’unità del suo destino. Per non scomparire, l’umanità deve aprire una nuova fase, quella in una storia veramente universale, che richiede solidarietà e fratellanza universale. La difesa è un concetto globale, che richiede un collegamento tra una pluralità di attori: civili, militari, statali, non statali, Chiese e comunità religiose, il mondo scientifico, l’economia. La loro cooperazione è essenziale per la costruzione di un’autentica società internazionale e del libero impegno di un’umanità che avendo sperimentato la sua finitudine diventa responsabile della sua vita e della sua morte”. Da qui l’auspicio di “un approccio globale a una serie di obiettivi a medio e lungo termine: lo sviluppo di un clima di fiducia tra Stati; negoziati su un accesso equo per tutti alle risorse vitali – acqua, energia, materie prime – per le popolazioni e la loro economia; il rispetto da parte degli Stati dei loro impegni internazionali; lo sviluppo del diritto internazionale e la ricerca di politiche attive di sviluppo e di solidarietà adatte a ridurre le disuguaglianze e la miseria; la riduzione e poi l’eliminazione progressiva delle armi, con misure di controllo (compreso il commercio delle armi) accettate volontariamente da tutti gli Stati, incluso i più grandi”. “La storia dell’Ue si è già avviata su questa strada. Possa essa essere imitata a scala mondiale per far primeggiare il diritto e la volontà di pace sugli interessi nazionali. In definitiva, si tratta di passare dal caos del peccato all’ordine della giustizia e della carità”.

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