Terremoto L’Aquila: mons. Molinari (arcivescovo emerito), “quella tragedia portò devastazioni nelle anime e nei cuori, ne vediamo ancora le conseguenze”

foto SIR/Marco Calvarese

“Quella tragedia ha portato devastazioni nelle anime e nei cuori. Devastazioni delle quali vediamo ancora oggi le dolorose conseguenze”. Lo ha detto oggi mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo emerito di L’Aquila, intervenuto al convegno “Il terremoto dell’anima”, organizzato dalla diocesi abruzzese dieci anni dopo il terremoto del 6 aprile 2009 che colpì L’Aquila, nel quale 309 persone persero la vita. Un’occasione per discutere della ricostruzione che “vede al centro la persona, vero soggetto di una rinascita”. E il presule, testimone di quell’evento, ha aggiunto: “So di essere vivo per miracolo”. Poi, ha posto una serie di domande: “Perché il terremoto? Perché Dio permette il terremoto? Perché non siamo morti noi al posto di quei 309 fratelli e sorelle?”. L’arcivescovo emerito ha sottolineato la difficoltà di vivere da sopravvissuti sotto il peso del lutto e di vedere la sua salvezza come un dono ma anche come un compito. Una seconda vita che per mons. Molinari significa anche paura, ancora oggi, per la quale “l’esorcismo migliore sono le parole di Gesù agli apostoli sulla barca durante la tempesta ‘Perché avete paura? Perché non avete ancora fede?’”. All’incontro diviso in 3 momenti hanno partecipato oltre 300 persone. Prima dell’inizio dei lavori i saluti istituzionali di Roberto Santangelo, vice presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, Guido Quintino Liris, assessore della Regione Abruzzo, Pierluigi Biondi, sindaco di L’Aquila, don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, e mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne e delegato Ceam per la carità, la salute e i migranti. Quest’ultimo ha ricordato come i modelli messi in campo a L’Aquila dalla Caritas fossero già sperimentati in altre circostanze simili passate, come ad esempio a San Giuliano di Puglia, dove lui stesso si è potuto confrontare per la prima volta con un “terremoto dell’anima”, guardando gli occhi di genitori, parenti e soccorritori dei 27 bambini morti sotto le macerie della scuola crollata.

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