Terremoto Centro Italia: mons. Pompili (Rieti) su decreto Governo, “misure positive, meglio tardi che mai”

foto SIR/Marco Calvarese

“Meglio tardi che mai. Sono misure positive che vanno nella direzione auspicata da tempo e che danno risposte concrete”. È il primo commento, rilasciato al Sir, dal vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, sulle misure approvate ieri sera dal Governo per risollevare le regioni del Centro Italia (Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo) colpite dal sisma del 2016. Tra queste la proroga per tutto l’anno prossimo, fino a fine 2020, dello stato d’emergenza e l’adozione di ulteriori interventi urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni. Il vescovo di Rieti, nella cui diocesi si trovano alcuni dei centri più segnati dal sisma come Amatrice e Accumoli, tuttavia, segnala “che dopo tre anni abbondanti siamo ancora a discutere su come progettare l’eventuale ricostruzione. Questo dice anche del difficile rapporto che c’è stato tra Governo centrale e istituzioni locali. La fase dell’ascolto è stata troppo lunga”, rimarca mons. Pompili, per il quale “occorreva intervenire prima, sia per quel che riguarda il prolungamento dei benefici fiscali sia per ciò che concerne l’autocertificazione per favorire e intensificare la ricostruzione, che stenta a muoversi per la sensazione di eccesso di burocrazia che taglia le gambe a qualsiasi persona”. La proroga, fino a tutto il 2020, dello stato d’emergenza è, afferma il presule, “una misura interessante che, però, non deve farci adagiare su un’idea di emergenza continua. Dobbiamo, piuttosto, trovare la strada per affrontare e sciogliere i nodi irrisolti”. “In questi tre anni, aggiunge, “è prevalso un criterio politico e partitico che fa del sisma la bandiera dell’una o dell’altra parte. Occorrerebbe, invece, che diventasse una questione trasversale e super partes, dietro la quale tutti indistintamente dovrebbero accodarsi. Vista la precarietà del quadro politico sarebbe impossibile pensare che una sola forza politica si intesti in toto una questione così complessa come la ricostruzione che se va bene occuperà qualche decina di anni”.
Per ciò che riguarda i beni culturali ecclesiastici mons. Pompili ricorda che “siamo fermi alla ordinanza n. 84 del 10 luglio 2019, “Approvazione del secondo Piano degli interventi di ricostruzione, riparazione e ripristino degli edifici di culto nei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016”. “Grazie a questa ordinanza che va nella direzione della ricostruzione definitiva – ricorda mons. Pompili – le diocesi potranno assumere il ruolo di soggetto attuatore e gli interventi saranno di fatto equiparati alla ricostruzione privata. Ciò carica la Chiesa di una grande responsabilità che comporta una serie di scelte, anche pratiche, per creare un team di professionisti capaci di portare avanti, sul piano legale, tecnico e amministrativo questa opera. Si tratta di una cosa assolutamente necessaria perché lo abbiamo visto con la messa in sicurezza. Nella nostra diocesi abbiamo messo in sicurezza 75 chiese mentre i comuni e ministero insieme poco più di una ventina. Il che sta a dire che se non si muove la Chiesa direttamente ‘gli edifici di culto’ sono destinati a cadere. Grazie a questo decreto si stanno avviando tutte le procedure per aprire i cantieri in vista della ricostruzione definitiva di un certo numero di chiese”.

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