Haiti: Cadorin (Caritas), “chiusi in casa, tra insicurezza e barricate. Situazione simile a guerra civile”

“È una situazione simile alla guerra civile del 2004. Al momento c’è uno stallo, ma si prevede un peggioramento da qui a dicembre. Girano armi, si sentono spari. Le merci dei camion vengono rovesciate in mezzo alla strada per bloccare la circolazione sulle principali arterie di accesso alla città. L’insicurezza è elevatissima”. Lo racconta al Sir dalla capitale Port-au-Prince Alessandro Cadorin, coordinatore dei progetti di Caritas italiana ad Haiti, dove da cinque settimane sono in corso violente proteste per chiedere le dimissioni del presidente Jovenel Moïse, al potere dal 2017, che però non ha intenzione di dimettersi. Finora sono stati contati almeno 19 morti e 200 feriti. L’Unione europea ha già evacuato il proprio personale, i cooperanti attendono indicazioni per sapere cosa fare. “Finora non siamo un target – precisa Cadorin – ma certo c’è più delinquenza e in questa anarchia i rischi aumentano”. Le manifestazioni sono state organizzate dall’opposizione ma innescate dalla penuria di carburante, dall’aumento dei prezzi a causa dell’inflazione al 20%, dalla corruzione e dalla povertà generalizzata. A fine settembre la Conferenza episcopale di Haiti ha denunciato la situazione, tacciando i dirigenti di irresponsabilità. Anche la Caritas di Haiti ha chiesto le dimissioni del governo. Intanto gli operatori umanitari sono costretti a rimanere chiusi in casa. Non possono pianificare le attività, i progetti sociali subiscono un rallentamento. Non si possono spostare per il Paese, sia per le tante gang in azione che taglieggiano gli automobilisti, sia per la scarsità di benzina. Nella capitale Port-au-Prince gli alimenti e i beni di prima necessità ancora arrivano, ma nelle province più remote cominciano a scarseggiare. La stessa Caritas diocesana di Les Cayes è stata completamente saccheggiata, i generatori distrutti. “Un vero disastro”, ammette Cadorin. Anche altre Organizzazioni non governative sono state vittima di attacchi. Una équipe del Catholic relief service (la Caritas degli Stati Uniti) è stata presa di mira da sette uomini armati: hanno rubato materiali dai loro magazzini. “La situazione è fuori controllo ed è difficile capire come muoversi – dice Cadorin -. Si vive alla giornata ma è veramente complicato. È un Paese sull’orlo del conflitto, a livello sociale è ancora peggio del dopo terremoto”. I cooperanti denunciano la gravità della situazione “che rischia di degenerare in una catastrofe umanitaria”.

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