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Europa: mons. Semeraro (Albano), “quanti dicono di volere promuovere le radici cristiane non predicano un ritorno alla fede”

“Il continuare a dirsi cristiani da parte di una maggioranza di europei (e di ‘italiani’, ovviamente) ha un che di paradossale, non avendo più nulla a spartire con la fede”. Lo scrive il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, nell’editoriale del mensile diocesano “Millestrade” (in uscita in questi giorni), richiamando “L’Europa è ancora cristiana?”, libro del sociologo Olivier Roy. Citando un altro suo lavoro “La santa ignoranza”, il presule rivolge lo sguardo ai “moderni fondamentalismi”, che “ si contendono il primato sul mercato delle religioni dove le loro divergenze sono acuite e le loro pratiche standardizzate”. “Affermano Dio, ma ignorano l’uomo; quando è il caso lo lasciano tranquillamente morire”. Di qui, la riflessione si sposta sul nuovo testo del sociologo che nota un mutamento. “Roy risponde che il più importante e più grave è la separazione tra i valori della società e quelli del cristianesimo. Sono scomparsi i riferimenti ai valori. Sono, anzi, dissolti gli stessi valori”. “L’identità cristiana non è più la fede in Cristo ed ecco che proprio quanti dicono di volere promuovere le radici cristiane non predicano affatto un ritorno alla fede. Loro stessi non sono praticanti – afferma il vescovo -. Al massimo, sono abili propagandisti di una folklorizzazione del fatto religioso”. Indicando il primo “valore” che si dovrebbe promuovere, il vescovo afferma che “è l’uomo”. “Lo smarrimento dell’uomo comporta senz’altro l’impossibilità di giungere a Dio. ‘L’uomo è la via della Chiesa’, scrisse Giovanni Paolo II. Senza l’uomo, però, la Chiesa non ha più vie da percorrere. Per essa, dunque, ben più grave del calo della pratica e perfino della cultura religiosa è lo smarrimento dell’uomo”.

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