Giornata pace: mons. Zuppi (Bologna), “trasformiamo in cantieri di pace le nostre città”

“Trasformiamo in cantieri di pace le nostre città!”. È l’esortazione rivolta ieri dall’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Maria Zuppi, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica che ha presieduto nel pomeriggio in cattedrale. “Senza pace non c’è futuro e si cancella il passato”, ha osservato l’arcivescovo, ammonendo che “non c’è una volta per sempre! È un dono che dobbiamo spendere per chi non la ha e per chi, perdendo la sua vita lo ha ottenuto”. “Dobbiamo difenderlo – ha proseguito – perché la pace è sempre minacciata dal male, erosa da tanti individualismi, dai semi di intolleranza, dalla violenza ordinaria, dall’aggressività nei pensieri e nelle azioni, dall’incapacità a dialogare e riconoscere il prossimo”. Per mons. Zuppi, “la pace richiede ponti sempre nuovi, perché altrimenti si costruiscono muri che impediscono anche fisicamente di vedere il prossimo e per questo ci riempiono di paure”. “La contrapposizione – ha sottolineato l’arcivescovo – c’è quando noi non sappiamo più chi siamo, quando noi non ci riconosciamo più, quando abbiamo parole di divisione per l’unità del Paese o inquiniamo le fonti della convivenza fomentando la paura anziché costruire la pace, seminando violenza”. “Siamo figli del nostro Paese con la sua storia e la sua cultura e proprio per amore a questo lo vogliamo aperto al futuro, grande come l’umanesimo che contiene, consapevole e forte della sua identità”. Per questo “la pace non è una preoccupazione accessoria. È una lotta drammatica per la vita, contro le terribili sorelle delle guerra che sono la povertà, le malattie, la distruzione, la disperazione, la fame”. Da mons. Zuppi l’avvertimento: “Rischiamo di rendere la nostra pace stolto ottimismo se non affrontiamo i tanti pezzi della guerra mondiale e le epifanie drammatiche di dolore che ci raggiungono, come quei fratelli e sorelle che emergono dal grande abisso del terzo mondo alla ricerca di futuro”. Sono “lottatori di speranza”, li ha definiti l’arcivescovo che, ricordando anche i migranti e i profughi, ha invitato: “Diventiamo noi costruttori di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia, binomio che non può essere mai disgiunto. Non c’è futuro se i disequilibri non sono combattuti. La pace è affidata sì ai responsabili delle nazioni ma è anche sempre artigianale e passa per le nostre persone. E per prima cosa dobbiamo essere noi in pace con noi stessi”.

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