Ecumenismo: don Mosa (Pavia), “può dare una scossa alle nostre parrocchie”

“Ecumenismo è ormai un termine che ha perso il suo smalto originario diventando, come si dice oggi, un ‘umbrella term’, cioè una parola che riassume ed esprime un insieme di concetti e realtà diverse fra loro. Fino, a volte, a divenire sinonimo di dialogo interreligioso”. Lo scrive don Michele Mosa, delegato vescovile per ecumenismo e dialogo della diocesi di Pavia, nell’editoriale del settimanale diocesano “il Ticino”.  “L’ecumenismo non può essere una pratica che si sbriga una settimana l’anno. Né un tema di nicchia”, sottolinea. Citando il Papa, don Mosa sostiene che “l’ecumenismo chiede anche di non essere elitario, ma di coinvolgere il più possibile tanti fratelli e sorelle nella fede”. Per questo motivo, “l’ecumenismo è nel Dna della Chiesa: credo la Chiesa una. E chiede di essere approfondito come tema teologico, come conoscenza storica, come prospettiva pastorale”. Poi, il delegato del vescovo evidenzia che “l’ecumenismo ha anche un aspetto sociale e politico”. Il riferimento è alle “vicende drammatiche dei profughi e dei rifugiati e all’esperienza dei corridoi umanitari che vede la stretta collaborazione dei cattolici e dei protestanti”, ma anche alla “coraggiosa testimonianza, l’‘ecumenismo del sangue’, dei cristiani in Egitto o in Pakistan”. Infine, “la scossa che può dare alle nostre parrocchie una pastorale ecumenica”: “Un gemellaggio con una comunità protestante o ortodossa, la collaborazione nella gestione degli aiuti ai poveri, una scuola della Parola. L’ecumenismo è uno stile di vita e una strada da percorrere”.

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