Povertà: don Ambarus (Caritas Roma), “sofferenza e disagio a volte rendono cattivi e rancorosi, città ha bisogno di rimanere unita”

foto SIR/Marco Calvarese

“Mi colpisce molto la rabbia e il rancore che si può vedere e toccare con mano nella nostra città. La spiegazione non è l’essere diventati cattivi in maniera repentina ma è la sofferenza e il disagio che a volte rendono cattivi e rancorosi”. Lo ha affermato questa mattina don Benoni Ambarus, direttore della Caritas diocesana di Roma, nel corso della presentazione della seconda edizione del rapporto “La povertà a Roma: un punto di vista” ospitata nella Cittadella della carità in via Casilina vecchia. Il sacerdote sottolineando che “è come se avessimo paura di essere contagiati dal tema povertà” ha invitato a “restare uniti, questa città ha bisogno di rimanere unita” nella “speranza che si possano avviare insieme alcune riflessioni a tutti i livelli: ecclesiali, civili, politici”. Don Ambarus ha ricordato l’impegno della Caritas per “dare voce maggiore a chi non ha voce, per far sentire il grido del povero”. In città, “ci sono situazioni di disagio, sofferenza, angoscia per migliaia di persone che difficilmente arrivano sotto i riflettori”. “Il grido delle persone che in qualche modo ci arriva – ha proseguito – ci sollecita a fare da stimolo e pungolo per la società tutta”. Questo in una città dove “c’è disincanto e non ci rendiamo conto di cosa stia succedendo” intorno a noi. L’impegno non è solo quello di “raccontare e sensibilizzare” ma “favorire scelte politiche e di amministrazione che facciano la differenza verso i poveri”.
E se “Papa Francesco ci sta spronando a vivere la Chiesa come ospedale da campo”, don Ambarus ha evidenziato che la Caritas opera “come pronto soccorso che non rinuncia mai a fare prevenzione per la salute”. Per cui “non si combatterà mai la povertà in modo efficace se non troviamo le radici e con determinazione proviamo a eliminarle”. “Se una parte di società inizia a puntare il dito contro un’altra anziché fare ponti e collegamenti le conseguenze di una guerra che si scatenerà tra poveri le pagheremo tutti”. Secondo il direttore è necessario “un approccio diverso alla povertà e verso i poveri. La povertà è da combattere, i poveri sono da aiutare” perché “essere poveri non è una colpa, è un dramma umano”. L’invito e l’impegno è dunque quello di “cambiare ottica verso i poveri e aggredire insieme la povertà” anche perché “i poveri potrebbero salvare questa nostra società, perché capaci di insegnarci a curare le nostre ferite”.

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