Minori stranieri non accompagnati: Unicef e Cnca, nuove forme di affido familiare con il progetto “Terreferme”

Aprire la propria porta di casa a un minorenne straniero senza famiglia per accompagnarlo nel suo percorso di inclusione sociale: è questo lo spirito di “Terreferme”, progetto pilota di Unicef e Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) e che oggi entra nella fase pienamente operativa con il primo abbinamento tra una famiglia e un ragazzo, realizzato in provincia di Milano. “Terreferme” è un progetto di affidamento familiare innovativo, non solo perché pensato per offrire anche a questi ragazzi l’opportunità di vivere in famiglia, ma anche perché pone le basi per un modello di intervento e collaborazione interistituzionale tra Regioni diverse: da un lato la Sicilia, che da sola ospita il 43% di tutti i minorenni stranieri non accompagnati (Msna) presenti sul territorio nazionale, e dall’altro Lombardia e Veneto, dove sono presenti solide reti di famiglie affidatarie. In questi mesi sono state selezionate 18 famiglie, e ben 260 tra cittadini e operatori sociali hanno partecipato a uno speciale percorso formativo per questa forma di affido, che comporta anche la conoscenza e la gestione delle differenze culturali tra le famiglie e i contesti di provenienza dei minori. I minori stranieri non accompagnati rappresentano circa 1/6 dei migranti che arrivano via mare, e seppure il numero degli sbarchi sia in nettissimo calo ormai da un anno (-80% rispetto ai primi 8 mesi del 2017) sono tuttora oltre 13.000 i minorenni stranieri soli accolti nel sistema di accoglienza italiano. Oltre il 70%, secondo un recente sondaggio condotto dall’Unicef, preferirebbero vivere in una famiglia anziché in un centro di accoglienza. “La famiglia è riconosciuta come ambiente naturale più idoneo per la protezione e la crescita di ogni bambino. L’affido familiare è contemplato dalla Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza tra le forme di protezione e cura da privilegiare per i minorenni non accompagnati” ricorda Anna Riatti, coordinatrice del programma dell’Unicef per migranti e rifugiati in Italia. Il primo abbinamento è stato tra Mohammed, detto Momò, egiziano e la casa di Stefano e Giovanna, a Vittuone, un piccolo comune nell’hinterland milanese. “L’affido è sempre un’esperienza forte di ‘genitorialità sociale’ che accompagna e dà senso alla scelta della singola famiglia accogliente”, ribadisce Liviana Marelli, del Cnca.

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