Nave Diciotti: don Soddu (Caritas Italiana), riaffermare il primato di ogni persona, le differenze non siano occasione di sospetto

“Per contrastare il rischio di nuove barbarie, nelle relazioni fra i popoli, nei rapporti fra fedi diverse, nel venir meno di un’idea comune sulla dignità umana anche all’interno delle nostre città, possiamo e dobbiamo riaffermare il primato della persona e dello sviluppo integrale dell’uomo, di ogni uomo”. Ne è convinto don Francesco Soddu, direttore della Caritas Italiana, per il quale occorre cercare “con caparbietà e nonostante tutto spazi per costruire pace, agire e credere in un mondo riconciliato, dove le differenze siano linfa nuova e non occasioni di sospetto e di conflitto”. In un’intervista pubblicata sul sito della Campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare”, don Soddu torna sul tema dell’accoglienza: “Già oltre 26.000 migranti sono accolti dalle strutture ecclesiali e la Chiesa italiana ha confermato la disponibilità, annunciata direttamente da Papa Francesco, ad accoglierne circa 100 tra quelli sbarcati dalla nave Diciotti per inserirli in percorsi e progetti di integrazione in varie diocesi”. Si tratta, osserva, di “un’accoglienza concreta, fattiva ed immediata che resta però una risposta di supplenza legata all’emergenza”. Secondo il direttore della Caritas Italiana, infatti, “la questione centrale è che c’è una cultura da cambiare e lo deve fare la Chiesa perché è guidata dal Vangelo, ma deve farlo anche chi fa politica, tenendo conto del bene comune e coniugando responsabilità e accoglienza”. Bisogna “guardare la realtà, ragionando con calma, senza trincerarsi dietro la paura”, aggiunge don Soddu ricordando che “accoglienza e condivisione non sono valori che si possono imporre”. “L’impegno dei cristiani – conclude – deve tradursi in una sempre maggiore capacità di analisi delle situazioni, di proposta per la giustizia, di promozione del sostegno ai più deboli, di controllo sulle procedure in rapporto ai fini da conseguire. Da una parte, dunque, occorre svegliare l’attenzione delle amministrazioni pubbliche e, dall’altra, bisogna far sì che le presenze che già ci sono non si sentano abbandonate a se stesse, ma che invece siano rafforzate con supporti e reti”.

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