Papa in Lituania: messa a Kaunas, no a “esperti spirituali”, sì a “Chiesa in uscita” per “mettere al centro”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Non possiamo essere come quegli ‘esperti’ spirituali, che giudicano solo dall’esterno e passano tutto il tempo a parlare di quello che si dovrebbe fare”. Lo ha detto il Papa, che nell’omelia della Messa celebrata ieri a Kaunas, durante il secondo giorno del viaggio in Lituania, ha proposto ai 100mila fedeli “un antidoto alle lotte di potere e al rifiuto del sacrificio”: mettere un bambino al centro, come ha fatto Gesù. “Chi metterà in mezzo oggi, qui, in questa mattina di domenica?”, si è chiesto Francesco: “Chi saranno i più piccoli, i più poveri tra noi, che dobbiamo accogliere a cent’anni della nostra indipendenza? Chi è che non ha nulla per ricambiarci, per rendere gratificanti i nostri sforzi e le nostre rinunce?”. “Forse sono le minoranze etniche della nostra città, o quei disoccupati che sono costretti a emigrare”, la risposta: “Forse sono gli anziani soli, o i giovani che non trovano un senso nella vita perché hanno perso le loro radici. ‘In mezzo’ significa equidistante, in modo che nessuno possa fingere di non vedere, nessuno possa sostenere che ‘è responsabilità di altri’, perché ‘io non ho visto’ o ‘sono troppo lontano’. Senza protagonismi, senza voler essere applauditi o i primi”. “Là, nella città di Vilnius, è toccato al fiume Vilnia offrire le sue acque e perdere il nome rispetto al Neris; qui, è lo stesso Neris che perde il nome offrendo le sue acque al Nemunas”, l’immagine scelta dal Papa come fotografia delle due diocesi lituane: “Di questo si tratta: di essere una Chiesa in uscita, di non aver paura di uscire e spenderci anche quando sembra che ci dissolviamo, di perderci dietro i più piccoli, i dimenticati, quelli che vivono nelle periferie esistenziali. Ma sapendo che quell’uscire comporterà anche in certi casi un fermare il passo, mettere da parte le ansie e le urgenze, per saper guardare negli occhi, ascoltare e accompagnare chi è rimasto sul bordo della strada”.

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