Papa in Lettonia: incontro ecumenico cattedrale luterana di Riga, “far risuonare la fede in ogni ambito della società”. Solitudine e isolamento sono “malattia”

(Foto Vatican Media/SIR)

“In questa Cattedrale si trova uno degli organi più antichi d’Europa e che è stato il più grande del mondo al tempo della sua inaugurazione”. A farlo notare è stato il Papa, nel discorso in occasione della preghiera ecumenica nella cattedrale luterana di Riga. “Possiamo immaginare come abbia accompagnato la vita, la creatività, l’immaginazione e la pietà di tutti coloro che si lasciavano avvolgere dalla sua melodia”, ha proseguito Francesco definendo l’organo “un emblema di questa città e di questa Cattedrale”. “Per il residente di questo luogo rappresenta più di un organo monumentale, è parte della sua vita, della sua tradizione, della sua identità”, ha spiegato Francesco: “Invece, per il turista, è naturalmente un oggetto artistico da conoscere e fotografare. E questo è un pericolo che sempre si corre: passare da residenti a turisti. Fare di ciò che ci identifica un oggetto del passato, un’attrazione turistica e da museo che ricorda le gesta di un tempo, di alto valore storico, ma che ha cessato di far vibrare il cuore di quanti lo ascoltano”.
“Con la fede ci può succedere esattamente la stessa cosa”, l’analogia tracciata dal Papa: “Possiamo smettere di sentirci cristiani residenti per diventare dei turisti. Di più, potremmo affermare che tutta la nostra tradizione cristiana può subire la stessa sorte: finire ridotta a un oggetto del passato che, chiuso tra le pareti delle nostre chiese, cessa di intonare una melodia capace di smuovere e ispirare la vita e il cuore di quelli che la ascoltano”. “La nostra fede non è destinata a stare nascosta, ma ad esser fatta conoscere e risuonare in diversi ambiti della società, perché tutti possano contemplare la sua bellezza ed essere illuminati dalla sua luce”, il monito di Francesco: “Se la musica del Vangelo smette di essere eseguita nella nostra vita e si trasforma in una bella partitura del passato, non saprà più rompere le monotonie asfissianti che impediscono di animare la speranza, rendendo così sterili tutti i nostri sforzi. Se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati-inviati. Se la musica del Vangelo smette di suonare nelle nostre case, nelle nostre piazze, nei luoghi di lavoro, nella politica e nell’economia, avremo spento la melodia che ci provocava a lottare per la dignità di ogni uomo e donna di qualunque provenienza, rinchiudendoci nel ‘mio’, dimenticandoci del ‘nostro’: la casa comune che ci riguarda tutti”. “Se la musica del Vangelo smette di suonare, avremo perso i suoni che condurranno la nostra vita al cielo, trincerandoci in uno dei mali peggiori del nostro tempo: la solitudine e l’isolamento”, ha denunciato il Papa parlando della “malattia che nasce in chi non ha alcun legame, e che si può riscontrare negli anziani abbandonati al loro destino, come pure nei giovani senza punti di riferimento e opportunità per il futuro”.

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