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Corte di Strasburgo: sentenza caso Annen (campagna anti aborto), la libertà di espressione finisce quando diventa “accusa personale” lesiva della dignità altrui

Klaus Günter Annen è un cittadino tedesco, classe 1951, agguerrito antiabortista che per quattro volte è stato querelato e portato in tribunale in Germania per il linguaggio delle sue campagne contro l’aborto e tutte le volte i giudici hanno ingiunto ad Annen di eliminare dalle sue campagne espressioni forti riferite a medici precisi. Annen ha ritenuto che queste sentenze violassero la propria libertà di espressione e si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo che però oggi nella sua sentenza, all’unanimità, ha affermato che “non c’è stata alcuna violazione” dell’articolo 10 della Convenzione europea. La sentenza sottolinea che “le autorità nazionali hanno compiuto un’analisi scrupolosa” del materiale che Annen usava per le sue campagne (volantini e sito web), che le ingiunzioni non sono state violazioni della libertà di espressione di Annan, concordando quindi con le sentenze dei tribunali tedeschi che le “espressioni di Annen potevano essere interpretate come accuse personali” contro i singoli medici “di compiere omicidi aggravati”. Annen nelle campagne per cui era stato querelato negli anni 2005-2007 scriveva di aborto come “omicidio aggravato”, o paragonava l’aborto all’olocausto e i medici (di cui faceva nomi e cognomi) a comandanti nei lager.

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