Bolivia: vescovi dopo scontri tra polizia e cocaleros, “no violenza”. Serve “dialogo trasparente” con popolazione su progetti eradicazione

La morte di tre persone (un poliziotto e due cocaleros, cioè coloro che lavorano nelle piantagioni di coca) in occasione degli scontri avvenuti a più riprese nella regione dello Yungas (dipartimento di La Paz), suscita la reazione ufficiale della Conferenza episcopale boliviana (Ceb). Gli scontri sono dovuti ai tentativi delle forze dell’ordine di dare seguito ai piani di limitazione ed eradicazione delle coltivazioni di coca. In un comunicato diffuso ieri, la Segreteria generale della Ceb “torna ad alzare la sua voce di dolore e indignazione per ricordare a tutti che la vita umana è un dono di Dio, non può essere messa in pericolo e non si può disporne senza una grave responsabilità e colpa davanti a Dio, che ci chiederà conto del sangue dei nostri fratelli. Eleviamo preghiere al Dio della vita per i defunti e chiediamo la consolazione, che Egli solo sa dare, per i loro familiari. Ci dispiace profondamente e condanniamo il fatto che la violenza e la morte siano ritenuti avvenimenti normali nel momento in cui si presentino conflitti sociali di diverso tipo”. Prosegue la nota dei vescovi: “Tra fratelli non ci può essere posto per il linguaggio della violenza e delle armi, un cammino che non costruisce nulla e non è all’altezza della nostra identità di creature razionali, e neppure della nostra dignità di figli di Dio. Affermiamo con forza: no all’uso delle armi e della violenza!”.

La Ceb, però, non rinuncia a un’amara constatazione: “Ci dispiace che si stiano realizzando le previsioni che avevamo fatto nella lettera inviata al ministro del Governo plurinazionale nello scorso mese di maggio, dopo una riunione con i produttori di coca e con il consiglio municipale di La Asunta, se non si fossero fatti conoscere alla popolazione di questa regione il piano di eradicazione e i progetti per le colture alternative”. Già in quell’occasione, inoltre, si sarebbe dovuta cercare “equità tra regioni, mostrando il piano di eradicazione di coca nella regione del Chapare, attraverso un dialogo trasparente, responsabile e costruttivo”. In effetti, fanno notare i vescovi, “già in quel momento si osservava nella zona una presenza di persone in uniforme destinata a creare sfiducia e paura, e questo è stato fatto sapere al ministro”. In questo momento, “in mezzo a diverse voci che si alzano per difendere interessi contrapposti, come pastori della Chiesa boliviana invitiamo ad abbandonare la ricerca di vantaggi settoriali, di partito, economici o di potere per cercare insieme il dialogo e la comprensione fraterna”. Di conseguenza, la Ceb invita a cercare il bene comune di tutti i boliviani e, in particolare, le autorità e le popolazioni del luogo a essere “disponibili al dialogo e cercare insieme soluzioni pacifiche e di autentico progresso per tutti”. Al tempo stesso, arriva la richiesta alle autorità giudiziarie per un rapido chiarimento dei fatti accaduti.

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