50° Medellín: p. Cavassa (presidente università gesuite latinoamericane), “Papa uomo di fedeltà creativa”. Urge la sfida di “formare i giovani alla politica”

“Francesco è un uomo di fedeltà creativa, supera la dicotomia conservatore-riformatore”. Lo afferma – interpellato dal Sir sul 50° della Conferenza latinoamericana di Medellín – padre Ernesto Cavassa Canessa, gesuita, attuale rettore della Università Antonio Ruiz de Montoya di Lima e attuale presidente dell’Ausjal, l’associazione delle Università dell’America Latina gestite dalla Compagnia di Gesù. “Da un lato – prosegue il teologo gesuita – Francesco è fedele all’insegnamento di Gesù, al Vangelo, alla tradizione della Chiesa. Dall’altro è un creativo: sa vivere e comunicare la buona notizia, la gioia del Vangelo (come si intitola il suo primo documento come Papa) alle persone nella situazione in cui si trovano. Gli interessa la persona, più delle dottrine. E compie gesti audaci: il suo primo viaggio fuori Roma è a Lampedusa, per incontrarsi con i sopravvissuti del naufragio di una barca piena di migranti africani, per reclamare giustizia di fronte alle autorità europee. Vede la presenza di Dio nei rohingya, musulmani colpiti dalla persecuzione genocida del regime del Myanmar. Sollecita la Chiesa a un discernimento nei vari casi particolari sul tema dei divorziati risposati. Si impegna a fondo per la protezione dell’ambiente legando la crisi ambientale a quella sociale e avendo a cuore i poveri. Francesco si erge a difesa della persona umana solo per il fatto che essa è tale, senza considerare religione, nazionalità, orientamento sessuale”.

Un’ulteriore considerazione viene rivolta da padre Cavassa all’impegno dei laici in politica, con lo sguardo rivolto in particolare al suo Paese, il Perù: “Dopo 40 anni, in Perú, non c’è una generazione di laici impegnati in politica a partire della loro fede, in un prospettiva di liberazione. Va ricordato che negli anni ’80 il gruppo terrorista di Sendero Luminoso provoca la rottura e la sinistra peruviana rimane con il dubbio di cosa fare con la guerriglia, arrivando all’estremo della sinistra democratica che non si smarca, con il pericolo di mescolarsi con Sendero Luminoso. Seguono anni difficili, fino al regime di Alberto Fujimori. Quale generazione di giovani può avere speranza in un contesto cosi complicato? Sono trascorsi già 18 anni dal ritorno della democrazia, ma abbiamo capito che non basta la crescita economica. C’è un grave vuoto della politica, che vediamo anche in questi ultimi mesi con gli scandali del sistema giudiziario peruviano e la grave corruzione. Come gesuiti, come università cattoliche dobbiamo impegnarci nella formazione dei giovani anche nella formazione socio-politica. Manca ancora questo ponte tra fede e politica, che il Congresso del Celam di Medellín aveva ispirato”.

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