Diocesi: mons. Pizziol (Vicenza) a funerali don Allegri, “testimonianza fedele e concreta del Vangelo di Cristo”

Don Gianantonio Allegri

Si è tenuta oggi in Cattedrale, a Vicenza, la messa esequiale di don Gian Antonio Allegri, mancato nella notte tra martedì e mercoledì, dopo aver lottato contro una malattia incurabile. Nato a Schio (Vicenza) nel 1957, don Allegri fu uno dei tre religiosi rapiti in Camerun nel 2014 dai guerriglieri di Boko Haram e rilasciati dopo 52 giorni di prigionia. Il rito è stato presieduto dal vescovo di Vicenza, mons. Beniamino Pizziol, e concelebrato tra gli altri da mons. Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, e da mons. Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria-Rovigo, quest’ultimo compagno di ordinazione presbiterale di don Gian Antonio.
“Nel cammino doloroso di questi mesi, siamo stati sostenuti dalla sua serena – seppur sofferta – fede. Abbiamo pregato insieme, abbiamo sperato insieme nella guarigione, abbiamo consolidato i legami di fraternità e di affetto nella nostra Chiesa e nel nostro presbiterio”, ha detto mons. Pizziol durante l’omelia.
Riferendosi al brano della Lettera ai Romani da poco letto, nel quale l’apostolo Paolo pone la domanda “chi ci separerà dall’amore di Cristo”, mons. Pizziol ha messo in relazione l’elenco di prove e tribolazioni delineate dall’Apostolo con “l’esperienza vissuta da don Gian Antonio insieme a don Giampaolo e a suor Gilberte nella savana nigeriana, per 57 giorni, sotto due grandi alberi nella foresta”. E ha citato un brano del libro “Rapiti con Dio”, nel quale don Gian Antonio racconta l’esperienza del suo rapimento: “I momenti di sconforto certamente non sono mancati, ma il sostegno reciproco, il parlarci e il condividere i nostri pensieri ci riportava a guardare la realtà con occhi più sereni. La paura talvolta sembrava avere il sopravvento. In quei momenti richiamare la parola di Gesù, nei molti passi che descrivono esperienze analoghe, ci aiutava a fare del Vangelo una realtà: il sole dopo la tempesta, l’alba dopo una notte. In quei momenti, abbiamo potuto verificare in quale misura la fede creduta e annunciata, in quanto apostoli e missionari, avesse realmente la capacità di illuminare i nostri passi. Abbiamo dato tempo alla preghiera, alla condivisione e alla meditazione fraterna del Vangelo di ogni giorno. Nel silenzio, poi, la preghiera personale sigillava quanto si condivideva insieme”.

In queste parole, ha proseguito il vescovo, “si può capire lo spirito che ha animato la vita e il ministero di don Gian Antonio: la testimonianza fedele e concreta del Vangelo di Cristo, in ogni momento fino alla consumazione dell’esistenza terrena. Fu aiutato sicuramente dall’appartenenza alla fraternità Jesus charitas, secondo la spiritualità di Charles de Foucauld”. Ha poi concluso mons. Pizziol: “La testimonianza di fede, di povertà, di missionarietà, di amore per i fratelli, di questo carissimo sacerdote è un dono prezioso per la Chiesa intera e per il nostro presbiterio e ci provoca riprendere il nostro cammino, spesso arduo e faticoso, soprattutto in questo tempo così confuso e travagliato”.

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