Bolivia: in pochi giorni un poliziotto e due cocaleros morti in scontri. La Chiesa invita alla concordia

È salito a tre in Bolivia, nella regione dello Yungas, il bilancio dei morti a causa degli scontri degli ultimi giorni tra Polizia e cocaleros (i lavoratori nelle piantagioni di coca). È del 24 agosto la morte di un agente (sette i feriti), a cui si è aggiunta mercoledì l’uccisione di due cocaleros in una sparatoria, nel municipio di La Asunta (distretto di La Paz). Gli scontri sono dovuti ai tentativi delle forze dell’ordine di dare seguito ai piani di limitazione delle coltivazioni. La Polizia sostiene di aver sparato per difendersi da “terroristi” armati, accusa respinta dalla controparte, che accusa apertamente il presidente Evo Morales di responsabilità nelle uccisioni.

Sulla questione è intervenuto ieri l’arcivescovo di Sucre, mons. Jesús Juárez, il quale, in una dichiarazione alla stampa locale pervenuta al Sir, ha detto: “Esprimo solidarietà alle famiglie delle tre persone scomparse e da parte nostra il desiderio di un rapido chiarimento delle cause di queste morti e di un’inchiesta imparziale sui detenuti”. Da qui l’auspicio che “regnino la pace, il dialogo e la concordia in questa regione”. Tuttavia, secondo mons. Juárez, “gli scontri violenti che causano morti e lasciano feriti, tristezza e lutto nelle famiglie, non hanno giustificazioni e sono da condannare. L’addestramento per compiere atti violenti non si può tollerare”, e “gruppi irregolari debilitano la democrazia e portano a momenti di paura e terrore. Le autorità hanno il compito di garantire la pace e di smobilitare questi gruppi, però una volta che siano identificati correttamente, così come di realizzare interventi nelle zone di produzione eccedente di coca secondo le normative e le leggi nelle medesime condizioni, sia nello Yungas che nel Chapare”.
Sempre ieri, l’Assemblea permanente dei diritti umani in Bolivia (Apdhb) ha invitato il presidente Morales e la controparte a sedersi attorno a un tavolo.

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