Diocesi: mons. Cantoni (Como) nella festa del patrono, “Como, città amata: diventa ciò che sei”

“Noi amiamo veramente la nostra Città? Ossia: la guardiamo con occhi d’amore?”. È da questa domanda che ha preso il via il tradizione “discorso alla città” che il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni, rivolge tradizionalmente durante i vespri della vigilia della festa del patrono della città e della diocesi, sant’Abbondio. “Se amiamo la nostra Città – ha detto il vescovo – occorre guardarla con occhi capaci di intravvederne il futuro a partire dalla sua vocazione specifica e far in modo che essa possa diventare veramente ‘ciò che è chiamata ad essere’. Sì, come ogni persona, anche ogni Città ha la sua vocazione!”. Il vescovo ha provato così a tratteggiare un ritratto di Como “città fondata sul commercio, sul turismo proveniente da tutto il mondo”, una città “laboriosa” e “ricca”, dove non mancano però le difficoltà. Tra queste il vescovo ha indicato la “difficoltà dei giovani a trovare lavoro”, le difficoltà economiche di molte famiglie, la dipendenza da gioco, la solitudine. “Rimane pure vigente – ha detto – il pericolo di chiudersi in un egoismo esasperato, nella indifferenza e di costruire un progetto delimitato da barriere psicologiche attraverso cui si rifiutano l’ospitalità e l’accoglienza (ad esempio nei confronti delle persone fragili in generale come dei fratelli migranti)”. Da qui un forte richiamo alla comunità cristiana: “Chi dice di credere in Dio e ‘non vede’ suo fratello, inganna se stesso. Come pastore, ho il dovere di sottolineare l’inconciliabilità profonda tra il cristianesimo e ogni forma di razzismo, anche sottile, come si manifesta in qualche caso tra persone che continuano a definirsi cattolici, ma vengono contraddetti dalle loro esplicite scelte. La dignità degli anziani, dei sofferenti, degli immigrati, dei poveri e degli ultimi per i cristiani rimane sacrosanta, perché il Cristo si identifica con essi, ma nello stesso tempo mi pare importante ricordare che la dignità delle persone è pure il cardine della nostra Comunità civile (come rileva l’art. 2 della nostra Costituzione italiana)”. “Il nostro sguardo – ha concluso il vescovo – non può essere neutro. O, peggio, indifferente, freddo e distaccato. Impariamo a vedere l’altro, chiunque esso sia, con gli occhi del cuore. Allora sapremo cogliere anche i bisogni più nascosti delle persone e la nostra Città sarà veramente abitabile!”.

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