Colombia: non passa il referendum anticorruzione, ma l’alta mobilitazione e il numero dei Sì sono un forte segnale politico

È fallita di un soffio la Consultazione anticorruzione per la quale si è votato ieri in Colombia, ma i promotori parlano comunque di vittoria politica. Si trattava di un referendum consultivo articolato in sette quesiti: si andava dalla riduzione delle indennità per i parlamentari all’impossibilità, per i corrotti, di stipulare contratti pubblici, dalla maggiore trasparenza nei contratti e nella gestione degli enti alla confisca dei beni ai corrotti.
Il referendum, per essere valido, doveva superare il quorum di un terzo del corpo elettorale, pari a poco più di 12 milioni di elettori. I votanti si sono fermati a circa 11 milioni e mezzo. Un risultato, comunque di tutto rispetto, basti pensare che in Colombia tradizionalmente la partecipazione al voto è molto bassa: solo poco più di due mesi fa, in occasione delle elezioni presidenziali, aveva votato poco più del 50% e il nuovo presidente Iván Duque è stato eletto con poco più di dieci milioni di voti. Per la cronaca, i Sì hanno ottenuto percentuali superiori, in tutti i casi, al 99%. Tutto questo ha spinto i promotori (soprattutto esponenti politici di opposizione, come l’ex senatrice verde Claudia López, ed esponenti della società civile) a parlare comunque di vittoria politica. Effettivamente il tema, un vero e proprio cancro per la società e la politica colombiana, è stato in questo modo posto nell’agenda politica del Paese, sia per il numero comunque considerevole di consensi sia per la mobilitazione che la consultazione ha provocato. Tra i votanti anche il presidente Duque (l’aveva promesso in campagna elettorale, spiegando che la lotta alla corruzione non è una bandiera partitica), distanziandosi in questo dall’ex presidente Uribe, suo grande sponsor politico, che aveva invece invitato a disertare le urne.
Ancora lo scorso 17 agosto, attraverso un comunicato, la Conferenza episcopale colombiana aveva rivolto un forte appello a lottare contro la corruzione in tutte le sue forme e aveva definito la consultazione “un’opportunità per rafforzare la partecipazione cittadina”. Tuttavia aveva avvertito che essa “non era sufficiente per far cessare la corruzione” e che, al di là del risultato è necessario “moltiplicare e rafforzare le iniziative per favoriscano la formazione della coscienza, la cultura della legalità, l’educazione integrale delle persone, la trasmissione
dei valori, la partecipazione e il controllo dei cittadini, l’attenzione alle necessità dei più poveri e indifesi”. Al tempo stesso, i vescovi auspicavano il rafforzamento delle istituzioni per implementare “politiche e controlli che garantiscano la trasparenza”.

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