Papa Francesco: udienza, avere “un rapporto con Dio senza ipocrisie”

foto SIR/Marco Calvarese

“Il nome nella Bibbia è la verità intima delle cose e soprattutto delle persone. Il nome rappresenta spesso la missione. Ad esempio, Abramo nella Genesi (cfr 17,5) e Simon Pietro nei Vangeli (cfr Gv 1,42) ricevono un nome nuovo per indicare il cambiamento della direzione della loro vita. E conoscere veramente il nome di Dio porta alla trasformazione della propria vita: dal momento in cui Mosè conosce il nome di Dio la sua storia cambia”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco nel corso dell’udienza generale continuando il ciclo di catechesi sui Comandamenti. Allora, ha spiegato, “prendere su di sé il nome di Dio” vuol dire “assumere su di noi la sua realtà, entrare in una relazione forte, stretta con Lui”: “Per noi cristiani, questo comandamento è il richiamo a ricordarci che siamo battezzati ‘nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo’, come affermiamo ogni volta che facciamo su noi stessi il segno della croce, per vivere le nostre azioni quotidiane in comunione sentita e reale con Dio, cioè nel suo amore”. Quindi il Papa ha invitato a “insegnare ai bambini a fare il segno della croce”. Ma, si è domandato, “è possibile prendere su di sé il nome di Dio in maniera ipocrita, come una formalità, a vuoto? La risposta è purtroppo positiva: sì, è possibile. Si può vivere una relazione falsa con Dio. E questa Parola del Decalogo – ha aggiunto – è proprio l’invito a un rapporto con Dio senza ipocrisie, a una relazione in cui ci affidiamo a Lui con tutto quello che siamo. In fondo, fino al giorno in cui non rischiamo l’esistenza con il Signore, toccando con mano che in Lui si trova la vita, facciamo solo teorie”.

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