Lavoro: Acli, “nella gig economy solo il 10% sono rider, non solo giovani e disoccupati”

I rider impegnati per le piattaforme di delivery food sono solo il 10% degli oltre 700mila lavoratori appartenenti alla cosiddetta gig economy, l’economia dei lavoretti intermediata da piattaforme digitali, come Amazon, Uber e Deliveroo. È questo uno dei dati che emerge dall’ultimo dossier Acli, intitolato “Gig economy”, che si occupa di approfondire un fenomeno in grande espansione nel nostro Paese. Il documento traccia un interessante identikit del rider, che è giovane ma non giovanissimo (il 54% ha tra i 25 e i 44 anni), appartiene al genere maschile (le donne sono solo il 10%), è mediamente istruito e guadagna in media 839 euro al mese se lo fa come lavoro principale e 343 euro negli altri casi. “Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione industriale – commenta Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli – e il nostro dossier ci aiuta ad approfondire meglio una realtà, quella dei nuovi lavoratori, che porta con sé una serie di conseguenze destinate a cambiare per sempre il vecchio paradigma”. “Con questo documento – conclude Rossini – vogliamo dare il nostro contributo concreto affinché si trovino delle forme di tutela, anche nuove, che non lascino nessun lavoratore privo di un sistema di welfare”.
Nel dossier, infatti, non mancano le ipotesi in discussione per risolvere la delicata questione delle tutele da dare a queste nuove figure, senza trascurare le soluzioni già adottate a livello locale da alcune Regioni (come il Lazio) e, a livello internazionale, da alcune nazioni europee come il Belgio e la Danimarca.

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