Migranti: Zerai (Habeshia), “Italia ha completato programma di respingimento e totale chiusura”

“Stiamo vivendo una fase storica nella quale non si può restare da parte o, peggio, indifferenti: ci si deve schierare perché anche l’indifferenza rende complici. La posta in gioco è enorme. Certo, riguarda in via più diretta l’esistenza e il futuro dei disperati in fuga per la vita. Ma riguarda anche la tutela dei valori fondanti della nostra democrazia”. Lo ribadisce don Mussie Zerai, fondatore dell’Agenzia Habeshia in una lunga lettera aperta che analizza i processi in corso su migranti, Libia, razzismo. “L’Italia, in questi mesi, ha completato il programma di respingimento e di totale chiusura iniziato con il Processo di Khartoum firmato a Roma nel novembre 2014 (governo Renzi) e proseguito negli anni attraverso una serie di patti attuativi della esternalizzazione in Africa, il più a sud possibile, delle frontiere nazionali ed europee”, ricorda il sacerdote eritreo.
In questo senso, il memorandum firmato tra Roma e Tripoli il 2 febbraio 2017 (ministro dell’interno Marco Minniti) “ha aperto la strada ai provvedimenti presi dall’attuale governo Conte, ministro dell’interno Matteo Salvini”, ricorda. In particolare: “chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong impegnate nelle operazioni di recupero e soccorso nel Mediterraneo”; “chiusura o comunque blocco dei porti, con conseguenti lunghissime soste in mare, in condizioni spesso difficilissime”; “fornitura di altre 12 motovedette (dopo quelle consegnate nel 2017 dal ministro Minniti) alla Guardia Costiera di Tripoli” per “lo svolgimento del ‘lavoro sporco’ dei respingimenti; nuovo impulso alle trattative con il Governo di Tripoli e con il Niger per blindare il confine libico sahariano e prevenire l’arrivo di altri profughi, prevedendo anche l’invio di un contingente di soldati italiani; respingimenti di profughi in massa e contro la loro volontà, effettuati direttamente da navi italiane, in contrasto con il diritto internazionale, la Convenzione di Ginevra e la ‘legge del mare’, che prevedono di sbarcare i naufraghi ‘nel più vicino porto sicuro’ (e la Libia non può certo definirsi tale)”.
“Si tratta di provvedimenti che, per molti versi, segnano la chiusura del cerchio – analizza -, in totale continuità con la politica dei governi precedenti. In più, rispetto al passato, si manifestano, anche ai massimi livelli della politica, atteggiamenti sprezzanti nei confronti dei disperati in fuga per la vita dal proprio Paese e si registrano dichiarazioni violente, di sapore xenofobo e razzista”.

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