Obiezione di coscienza: mons. Crepaldi (Trieste), “adesione a valori indisponibili e a carattere assoluto e vincolante”. Serve “una nuova e corretta visione giuridica”

“Il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza non può fondarsi solo sul diritto ad essere coerenti con la propria coscienza, ma dovrebbe estendersi ai fondamenti oggettivi ed indisponibili della coscienza. Ma questo esula dalle possibilità della cultura giuridica di oggi, purtroppo”. Lo sostiene mons. Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, commentando la sentenza di assoluzione in appello della farmacista di Monfalcone che cinque anni fa si era rifiutata di vendere la cosiddetta pillola del giorno dopo ad una coppia che ne aveva fatto richiesta. Dopo l’assoluzione in primo grado, che non aveva riconosciuto il diritto dell’accusata all’obiezione di coscienza ma era stata motivata “dalla leggera entità del danno provocato”, ricorda il presule, la nuova sentenza, di cui ancora non si conosce la motivazione, è occasione di riflessione. “La strada verso il riconoscimento dell’obiezione di coscienza – afferma Crepaldi in una nota – è ancora lunga e sarà anche molto accidentata se non si chiariranno i suoi veri fondamenti. L’attuale cultura giuridica, infatti, non è in grado di distinguere quando l’obiezione di coscienza è fatta” per “rispettare valori di ordine oggettivo, e quando è fatta per coerenza con un desiderio individuale. Logica vorrebbe che il primo tipo di obiezione di coscienza fosse difeso dalla legge, mentre il secondo no”. Crepaldi si dice sicuro che “il comportamento della signora oggetto della sentenza rispondeva al significato vero del diritto all’obiezione di coscienza, come adesione a dei valori indisponibili e a carattere assoluto e vincolante ogni coscienza che voglia dirsi retta”. Un gesto che “ha portato avanti la giusta causa del riconoscimento di questo diritto”. Per questo, conclude, “c’è da augurarsi che il gesto emblematico della farmacista triestina possa essere imitato anche da altri e indurre così una nuova e corretta visione giuridica dell’obiezione di coscienza”.

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