Salute: Policlinico Gemelli, un prelievo e un elettroencefalogramma per predire chi si ammalerà di demenza

Grazie a uno studio condotto a Roma presso la Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs-Università Cattolica, con il supporto tecnico dell’Irccs S. Raffaele Pisana, potrebbe presto divenire possibile sapere chi si ammalerà di demenza (anche di Alzheimer) con un doppio test combinato – semplice e low cost – basato su un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma (Eeg). Il test sarà rivolto a tutti coloro che presentano un lieve declino cognitivo (Mci) e che per questo hanno un rischio 20 volte più elevato di ammalarsi di demenza rispetto ai coetanei sani. Ma solo la metà di coloro che hanno una forma di declino cognitivo lieve svilupperanno effettivamente poi la malattia; a oggi non è dato prevedere chi si ammalerà e chi no in modo semplice, economico e non invasivo, ma servono esami onerosi come la Pet, la risonanza magnetica o la puntura lombare. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Annals of Neurology, è stata coordinata dal professor Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di neuroscienze del Gemelli, in collaborazione con altri specialisti del nosocomio e del San Raffaele. Il test ha dimostrato un’accuratezza elevata (non dà falsi positivi o false diagnosi) fino al 92%. Il prelievo di sangue serve a condurre un semplice test genetico alla ricerca di una mutazione legata al rischio di Alzheimer, sul gene ApoE. Mentre i segnali registrati con l’Eeg sono interpretati con un’analisi matematica che consente di capire come sono connesse tra loro le diverse aree del cervello. Il declino cognitivo lieve risulta ai normali test neuropsicologici, è caratterizzato da piccole défaillance misurabili, ma che non impattano nelle abilità di vita quotidiana. In Italia ci sono attualmente circa 735.000 persone con questo tipo di lieve declino cognitivo. Nel giro di 1-5 anni dalla diagnosi 1 soggetto di questi su 2 svilupperà la demenza vera e propria. Sapendo in anticipo grazie al test se la persona si ammalerà o meno, il paziente può essere inquadrato in un percorso terapeutico con farmaci già disponibili e più efficaci in questa fase pre-malattia, può essere inoltre spronato a modificare i propri stili di vita. “Il test è utilizzabile da subito nella pratica clinica”, conclude Rossini, “ma è previsto un suo ‘collaudo’ all’interno di un progetto di ricerca comparativa denominato Interceptor, di recente finanziato da Aifa e ministero della Salute.

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