Migrazioni: mons. Lorefice (Palermo), “se chiudiamo i porti siamo dei disperati”

“La logica del ‘prima noi’ mostra in questa Europa tutta la sua fallacia. Rischiamo fratture insanabili proprio perché ogni Paese europeo comincia a ritenere che il suo benessere venga prima senza capire che, se la casa comune si distrugge, tutti resteremo privi di un tetto. È la miopia dell’egoismo politico”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nel suo messaggio alla città in occasione del Festino della patrona, santa Rosalia. Secondo il presule, si sta diffondendo “un’illusione pericolosa”: “Che la chiusura, la contrapposizione all’altro siano una soluzione. Ma una civiltà in cui sia normale che qualcuno viva perché un altro muore è una civiltà che si avvia alla fine”. Ricordando l’impegno di Giorgio La Pira, l’arcivescovo ha affermato che “oggi ci inviterebbe a guardare le tante navi che dirigono la loro prua verso l’Europa come alle navi della speranza, la speranza della povera gente che cerca protezione e vita buona”. “Se fermiamo le navi dei poveri, se chiudiamo i porti, siamo dei disperati. Disperiamo della nostra umanità, della nostra voglia di vivere, del nostro desiderio di comunione”. Guardando all’Africa, mons. Lorefice da testimone denuncia come “negli ultimi trent’anni, è stata sfruttata dall’Occidente, depredata delle sue materie prime”. “Le multinazionali le hanno portate via senza pagare un soldo e abbiamo tenuto in vita governi fantoccio che non fossero in grado di difendere i diritti della gente. Le potenze occidentali mantengono una condizione di guerra perenne che rende più facile lo sfruttamento e consente un fiorente commercio di armi. Siamo noi i predoni dell’Africa. Siamo noi i ladri che affamando e distruggendo la vita di milioni di poveri, li costringiamo a partire per non morire”. Poi, il presule ha considerato “quelli che vengono chiamati centri di smistamento e di detenzione, quei centri che i nostri governi sollecitano e finanziano per bloccare il flusso migratorio” al pari di “campi di concentramento”. Infine, citando l’articolo 3 della Costituzione, l’arcivescovo ha auspicato che “al posto della miopia dei piccoli diritti esclusivi, riservati a pochi, che preparano un futuro di dolore e di guerra, si scriva il grande diritto della pace e del bene per tutti”.

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