Chiesa in uscita: mons. Semeraro (segretario C9), “dobbiamo pensare allo sguardo da assumere sulla realtà”

“Quando sentiamo parlare di ‘Chiesa in uscita’ non dobbiamo necessariamente pensare a dove andare ma allo sguardo da assumere sulla realtà. Papa Francesco con ‘periferie esistenziali’ intende un principio ermeneutico. Ciò significa che, stando dove sei, devi cambiare il modo di guardare la realtà”. Lo ha affermato questa mattina mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del C9, intervenendo presso la Domus Mariae di Roma al convegno “Il laicato nella Chiesa italiana dal Concilio a Papa Francesco” promosso dalla Commissione episcopale per il laicato e dal Comitato direttivo della Consulta nazionale delle aggregazioni laicali (Cnal). Ricordando, come sottolinea Papa Francesco, che “il battesimo è la porta d’ingresso” nella Chiesa, “il punto di partenza”, mons. Semeraro si è soffermato su due punti: l’“eccessivo clericalismo” del laicato e il fatto che “l’impegno dei laici non si riflette nella penetrazione dei valori cristiani nel mondo sociale, politico ed economico”. Due le “opposizioni polari” proposte: quella tra laicato e clericalismo e quella tra il laico nella Chiesa e nei dintorni (sagrato, oratori) e il laico nella vita pubblica. Il clericalismo, ha rilevato il vescovo rifacendosi a quello che più volte ha detto il Papa, è “un male complice perché i sacerdoti tendono a clericalizzare i laici e i laici chiedono di essere clericalizzati”. Rispetto all’interrogativo “Dove stanno i laici nella vita pubblica?”, Semeraro ha osservato: “Un laico che è fatto a misura del sacerdote che contributo mi può dare nel discernimento dei segni dei tempi?”. Il vescovo ha poi sottolineato “la necessità di una formazione umana e spirituale per tutti noi”. “Abbiamo bisogno di laici formati, con una fede schietta e limpida, che rischino, che si sporchino le mani”, ha evidenziato citando Francesco. “La prima azione della Chiesa in uscita è coinvolgersi”. Quindi si tratta di passare da “una pastorale unicamente direttiva” ad “una pastorale di accompagnamento”. Questa è la cura che tutti dobbiamo avere”, ha concluso: “Dobbiamo recuperare il senso della parola cura, che non è amministrazione”.

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